DEDICA FESTIVAL - P. IVA 01510360934
Catalogo della Mostra Fotografica di Elio Ciol
LIBYA INFELIX
Antiche rovine su cui costruire una nuova storia
a cura di Angelo Bertani e Claudio Cattaruzza
testi di Angelo Bertani e Andrea Semplici
(pp. 102, € 10,00)
Catalogo della Mostra Fotografica di Elio Ciol
LIBYA INFELIX
Antiche rovine su cui costruire una nuova storia
a cura di Angelo Bertani e Claudio Cattaruzza
testi di Angelo Bertani e Andrea Semplici
(pp. 102, € 10,00)
Le fotografie, in bianco e nero, sono state realizzate da Elio Ciol nel 2002 a Leptis Magna, Sabratha, Cirene e in altri siti della Libia e ci parlano di un tempo in cui nel Paese culture diverse si sono sovrapposte e felicemente rimescolate, nell’auspicabile prospettiva di una prospera convivenza e talvolta in quella dei sogni di gloria. E tuttavia, in realtà, è la storia stessa che per il tramite di quelle rovine e di queste immagini continua ad invitarci a una riflessione, certo sul passato, ma soprattutto sul presente.
ELIO CIOL
È nato nel 1929 a Casarsa della Delizia, dove tuttora vive e lavora.
Ha iniziato da giovane nel laboratorio fotografico del padre, dove ha acquisito una vasta esperienza tecnica. Dagli anni Cinquanta a oggi ha elaborato un linguaggio personale nell’ambito della fotografia di paesaggio, realizzando una lunga serie di libri fotografici e cataloghi di mostre.
In parallelo, l’attività professionale del suo studio è stata dedicata in prevalenza a campagne di documentazione di opere d’arte, in Italia e in Europa, che lo hanno portato a collaborare a un imponente numero di pubblicazioni nel settore della storia dell’arte.
Sue fotografie sono presenti in collezioni internazionali quali il Metropolitan Museum of Art di New York, il George Eastman Museum di Rochester, il Victoria and Albert Museum di Londra, il Musée de la Photographie di Charleroi, Museo Puškin delle Belle Arti di Mosca.
Le fotografie, in bianco e nero, sono state realizzate da Elio Ciol nel 2002 a Leptis Magna, Sabratha, Cirene e in altri siti della Libia e ci parlano di un tempo in cui nel Paese culture diverse si sono sovrapposte e felicemente rimescolate, nell’auspicabile prospettiva di una prospera convivenza e talvolta in quella dei sogni di gloria. E tuttavia, in realtà, è la storia stessa che per il tramite di quelle rovine e di queste immagini continua ad invitarci a una riflessione, certo sul passato, ma soprattutto sul presente.
ELIO CIOL
È nato nel 1929 a Casarsa della Delizia, dove tuttora vive e lavora.
Ha iniziato da giovane nel laboratorio fotografico del padre, dove ha acquisito una vasta esperienza tecnica. Dagli anni Cinquanta a oggi ha elaborato un linguaggio personale nell’ambito della fotografia di paesaggio, realizzando una lunga serie di libri fotografici e cataloghi di mostre.
In parallelo, l’attività professionale del suo studio è stata dedicata in prevalenza a campagne di documentazione di opere d’arte, in Italia e in Europa, che lo hanno portato a collaborare a un imponente numero di pubblicazioni nel settore della storia dell’arte.
Sue fotografie sono presenti in collezioni internazionali quali il Metropolitan Museum of Art di New York, il George Eastman Museum di Rochester, il Victoria and Albert Museum di Londra, il Musée de la Photographie di Charleroi, Museo Puškin delle Belle Arti di Mosca.
a cura di Benedetta Tobagi
Pordenone, Thesis, 2020
(pp 103, € 8.00)
a cura di Benedetta Tobagi
Pordenone, Thesis, 2020
(pp 103, € 8.00)
«Per me scrivere è come cantare nel posto più inappropriato, cantare nel modo migliore possibile su un autobus o in una banca, dove le persone meno se lo aspettano, e cercare di convincerle ad ascoltare».
Hisham Matar
L’intervista curata dalla giornalista e scrittrice Benedetta Tobagi introduce alla conoscenza di Hisham Matar e del suo universo culturale, dove la passione per la scrittura, la letteratura e la poesia non sono mai estranee alle sue origini e al mondo che lo circonda. Nel volume anche testi di Anna Nadotti e Gianluca Buttolo oltre a due inediti di Hisham Matar in esclusiva per Dedica: Il libro misterioso e Non ricordo un’epoca in cui le parole non fossero pericolose.
a cura di Benedetta Tobagi
Pordenone, Thesis, 2020
(pp 103, € 8.00)
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«Per me scrivere è come cantare nel posto più inappropriato, cantare nel modo migliore possibile su un autobus o in una banca, dove le persone meno se lo aspettano, e cercare di convincerle ad ascoltare».
Hisham Matar
L’intervista curata dalla giornalista e scrittrice Benedetta Tobagi introduce alla conoscenza di Hisham Matar e del suo universo culturale, dove la passione per la scrittura, la letteratura e la poesia non sono mai estranee alle sue origini e al mondo che lo circonda. Nel volume anche testi di Anna Nadotti e Gianluca Buttolo oltre a due inediti di Hisham Matar in esclusiva per Dedica: Il libro misterioso e Non ricordo un’epoca in cui le parole non fossero pericolose.
a cura di Benedetta Tobagi
Pordenone, Thesis, 2020
(pp 103, € 8.00)
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a cura di Angelo Bertani e Claudio Cattaruzza
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 104, € 10,00)
a cura di Angelo Bertani e Claudio Cattaruzza
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 104, € 10,00)
Fotografie di scrittori e di protagonisti della scena culturale
La mostra, dalla quale prende vita questo catalogo, approccia i volti come spazi testuali, li indaga nel loro mutare, nella loro intrinseca essenza, sospesa tra l'espressione fuggente e la permanenza.
Da Primo Levi a Gillo Dorfles, da Federico Fellini a Ian McEwan, i ritratti di grandi personalità della cultura come narratori preziosi del XX e XXI secolo.
«In questi anni, diverse sono state le occasioni in cui ho avuto modo di prendere visione della grande quantità di soggetti fotografati da Basso Cannarsa, di apprezzarne le modalità di approccio professionale, di ascoltare storie e aneddoti collegati alla realizzazione di qualche scatto particolare, delle passioni letterarie che gli hanno reso più coinvolgente il lavoro. A mio parere, questa miscela di sagacia professionale e di passione travalicava il pur nobile concetto di “mestiere” e conferiva alla produzione di Basso Cannarsa una valenza culturale assolutamente meritevole di trasformarsi in un progetto strutturato.»
Claudio Cattaruzza, curatore di DedicaFestival
«Il fatto è che Basso, fotografando da sempre scrittori, sa che l’unica strada per strappare qualcosa a volti disposti a concedere molto poco è la sorpresa. E su quella conta. Non conosco le storie nascoste dietro ai ritratti raccolti qui, ma sono sicuro che ce n’è una per ognuno.»
Matteo Codignola, editor e traduttore
«I ritratti fotografici di Basso Cannarsa possono essere dunque definiti eloquenti per due principali motivi: per il fatto appunto di essere rivelatori di una personalità, ma pure perché con il loro valore iconico collegato al mondo culturale risultano rinviare alla dimensione della parola (quella della letteratura, della filosofia) o a quella più generale della creatività (del cinema, delle altre arti visive). Ecco che allora, a corollario di questa loro comunque autonoma eloquenza, in mostra i ritratti sono accompagnati da una citazione tratta dagli scritti o dalle interviste di ciascun autore, cosicché il riguardante potrà ricavare la sensazione di interloquire questa volta vis-à-vis, ad esempio, con lo scrittore che gli sta di fronte nella forma del ritratto: dialogo che magari è già iniziato con la lettura delle sue opere, essendo ancora la letteratura (come del resto altre forme del sapere veicolate dalla parola scritta) un modo alla portata di tutti per ospitare a casa propria le più acute o più creative intelligenze del mondo, quelle che resistono all’invasione delle banalità e delle strumentali semplificazioni.»
Angelo Bertani, critico d'arte
Fotografie di scrittori e di protagonisti della scena culturale
La mostra, dalla quale prende vita questo catalogo, approccia i volti come spazi testuali, li indaga nel loro mutare, nella loro intrinseca essenza, sospesa tra l'espressione fuggente e la permanenza.
Da Primo Levi a Gillo Dorfles, da Federico Fellini a Ian McEwan, i ritratti di grandi personalità della cultura come narratori preziosi del XX e XXI secolo.
«In questi anni, diverse sono state le occasioni in cui ho avuto modo di prendere visione della grande quantità di soggetti fotografati da Basso Cannarsa, di apprezzarne le modalità di approccio professionale, di ascoltare storie e aneddoti collegati alla realizzazione di qualche scatto particolare, delle passioni letterarie che gli hanno reso più coinvolgente il lavoro. A mio parere, questa miscela di sagacia professionale e di passione travalicava il pur nobile concetto di “mestiere” e conferiva alla produzione di Basso Cannarsa una valenza culturale assolutamente meritevole di trasformarsi in un progetto strutturato.»
Claudio Cattaruzza, curatore di DedicaFestival
«Il fatto è che Basso, fotografando da sempre scrittori, sa che l’unica strada per strappare qualcosa a volti disposti a concedere molto poco è la sorpresa. E su quella conta. Non conosco le storie nascoste dietro ai ritratti raccolti qui, ma sono sicuro che ce n’è una per ognuno.»
Matteo Codignola, editor e traduttore
«I ritratti fotografici di Basso Cannarsa possono essere dunque definiti eloquenti per due principali motivi: per il fatto appunto di essere rivelatori di una personalità, ma pure perché con il loro valore iconico collegato al mondo culturale risultano rinviare alla dimensione della parola (quella della letteratura, della filosofia) o a quella più generale della creatività (del cinema, delle altre arti visive). Ecco che allora, a corollario di questa loro comunque autonoma eloquenza, in mostra i ritratti sono accompagnati da una citazione tratta dagli scritti o dalle interviste di ciascun autore, cosicché il riguardante potrà ricavare la sensazione di interloquire questa volta vis-à-vis, ad esempio, con lo scrittore che gli sta di fronte nella forma del ritratto: dialogo che magari è già iniziato con la lettura delle sue opere, essendo ancora la letteratura (come del resto altre forme del sapere veicolate dalla parola scritta) un modo alla portata di tutti per ospitare a casa propria le più acute o più creative intelligenze del mondo, quelle che resistono all’invasione delle banalità e delle strumentali semplificazioni.»
Angelo Bertani, critico d'arte
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 152, € 8,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 152, € 8,00)
«Esiste un eroismo della pace e dell’equilibrio, un eroismo accessibile e quotidiano che, sebbene non sfidi la morte, ci spinge a sfruttare tutte le possibilità della vita e a vivere non una, ma tante vite contemporaneamente».
Gioconda Belli
La grande passione per la scrittura e per la poesia, l’amore per il Nicaragua e la sua storia, l’impegno civile e politico sono alcuni dei temi trattati da Gioconda Belli nella bellissima intervista realizzata da Federica Manzon in apertura della monografia. A completare la pubblicazione, i testi di Andrea Semplici, Mara Donat, Marco Fazzini, alcune poesie e un racconto - La donna sandwich - di Gioconda Belli in esclusiva per Dedica.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 152, € 8,00)
«Esiste un eroismo della pace e dell’equilibrio, un eroismo accessibile e quotidiano che, sebbene non sfidi la morte, ci spinge a sfruttare tutte le possibilità della vita e a vivere non una, ma tante vite contemporaneamente».
Gioconda Belli
La grande passione per la scrittura e per la poesia, l’amore per il Nicaragua e la sua storia, l’impegno civile e politico sono alcuni dei temi trattati da Gioconda Belli nella bellissima intervista realizzata da Federica Manzon in apertura della monografia. A completare la pubblicazione, i testi di Andrea Semplici, Mara Donat, Marco Fazzini, alcune poesie e un racconto - La donna sandwich - di Gioconda Belli in esclusiva per Dedica.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 152, € 8,00)
a cura di Angelo Bertani
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 64, € 10,00)
a cura di Angelo Bertani
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 64, € 10,00)
I versi di Gioconda Belli, protagonista della venticinquesima edizione del festival Dedica e le immagini del fotoreporter Inti Ocón, costituiscono una incondizionata dichiarazione d’amore per il loro Paese, il Nicaragua, ma anche un potente strumento di denuncia per il sogno infranto di un reale cambiamento basato sulla democrazia, sul rispetto dei diritti umani, su una maggiore equità e giustizia sociale.
a cura di Angelo Bertani
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 64, € 10,00)
I versi di Gioconda Belli, protagonista della venticinquesima edizione del festival Dedica e le immagini del fotoreporter Inti Ocón, costituiscono una incondizionata dichiarazione d’amore per il loro Paese, il Nicaragua, ma anche un potente strumento di denuncia per il sogno infranto di un reale cambiamento basato sulla democrazia, sul rispetto dei diritti umani, su una maggiore equità e giustizia sociale.
a cura di Angelo Bertani
Pordenone, Thesis, 2019
(pp 64, € 10,00)
A cura di Claudio Cattaruzza e Fabio Gambaro
Pordenone, 2018
(pp. 115, € 5,00)
A cura di Claudio Cattaruzza e Fabio Gambaro
Pordenone, 2018
(pp. 115, € 5,00)
Quando si parte per l’esilio (…) è come se ci si lasciasse alle spalle anche una parte del proprio corpo, e con esso i tratti psicologici, culturali, politici che lo hanno costruito. In esilio a poco a poco si diventa la traccia, l’ombra di se stessi. L’esilio è quest’ombra.
L’esilio, la passione per la lettura e per i classici, la scrittura, il cinema, sono alcuni degli argomenti di cui Atiq Rahimi parla nella lunga intervista realizzata da Fabio Gambaro. Il ritratto che ne consegue fornisce un’immagine di Rahimi come persona di profondo spessore intellettuale e di grande sensibilità.
Oltre all’intervista, la monografia è completata dalle indicazioni bio-bibliografiche, da uno scritto di Tahar Ben Jelloun e da due inediti di Rahimi.
A cura di Claudio Cattaruzza e Fabio Gambaro
pp. 115, € 5,00
Quando si parte per l’esilio (…) è come se ci si lasciasse alle spalle anche una parte del proprio corpo, e con esso i tratti psicologici, culturali, politici che lo hanno costruito. In esilio a poco a poco si diventa la traccia, l’ombra di se stessi. L’esilio è quest’ombra.
L’esilio, la passione per la lettura e per i classici, la scrittura, il cinema, sono alcuni degli argomenti di cui Atiq Rahimi parla nella lunga intervista realizzata da Fabio Gambaro. Il ritratto che ne consegue fornisce un’immagine di Rahimi come persona di profondo spessore intellettuale e di grande sensibilità.
Oltre all’intervista, la monografia è completata dalle indicazioni bio-bibliografiche, da uno scritto di Tahar Ben Jelloun e da due inediti di Rahimi.
A cura di Claudio Cattaruzza e Fabio Gambaro
pp. 115, € 5,00
A cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2017
(pp. 96, € 5,00)
A cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2017
(pp. 96, € 5,00)
Scrivo perché ho l’impressione, forse presuntuosa, di avere qualcosa da dire che altri non dicono, o non dicono altrettanto bene.
Non scrivo, quindi, perché mi diverte o perché sia un piacere. Vorrei che lo fosse, ma non è così.
Il rapporto con la scrittura e con i lettori, il mare come luogo dell’anima e metafora di libertà, “l’immaginare il vero” sono solo alcuni di temi affrontati nella lunga e approfondita intervista realizzata da Luca Crovi e da Emilia Lodigiani. Il profilo che ne emerge evidenzia come la figura dello scrittore e quella dell’uomo coincidano e come l’impegno e la condivisione di valori importanti possano essere vissuti con il giusto dosaggio di profondità e ”leggerezza”. All’intervista seguono gli scritti di Emilia e Paolo Lodigiani, Katia De Marco e Yvon Le Men e un inedito di Larsson titolato Le mie fini del mondo.
Completano il libro la biografia di Björn Larsson, le note biografiche degli altri autori dei testi e la bibliografia del protagonista di Dedica 2017.
A cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2017
pp. 96, € 5,00
Scrivo perché ho l’impressione, forse presuntuosa, di avere qualcosa da dire che altri non dicono, o non dicono altrettanto bene.
Non scrivo, quindi, perché mi diverte o perché sia un piacere. Vorrei che lo fosse, ma non è così.
Il rapporto con la scrittura e con i lettori, il mare come luogo dell’anima e metafora di libertà, “l’immaginare il vero” sono solo alcuni di temi affrontati nella lunga e approfondita intervista realizzata da Luca Crovi e da Emilia Lodigiani. Il profilo che ne emerge evidenzia come la figura dello scrittore e quella dell’uomo coincidano e come l’impegno e la condivisione di valori importanti possano essere vissuti con il giusto dosaggio di profondità e ”leggerezza”. All’intervista seguono gli scritti di Emilia e Paolo Lodigiani, Katia De Marco e Yvon Le Men e un inedito di Larsson titolato Le mie fini del mondo.
Completano il libro la biografia di Björn Larsson, le note biografiche degli altri autori dei testi e la bibliografia del protagonista di Dedica 2017.
A cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2017
pp. 96, € 5,00
Pordenone, 2017
(pp. 48, € 8,00)
Pordenone, 2017
(pp. 48, € 8,00)
Le fotografie forti ed evocative di Angelo Corbetta incontrano le riflessioni di di Björn Larsson. Punto di contatto: il mare, luogo dell’anima, fonte di ispirazione e metafora di libertà. Incroci di sguardi che evocano l’energia simbolica dell’arte e allo stesso tempo dialogano insieme facendosi interpreti di quella segreta armonia tra il moto dell’acqua e le più profonde aspirazioni dell’uomo.
Pordenone, 2017
pp. 48, € 8,00
Le fotografie forti ed evocative di Angelo Corbetta incontrano le riflessioni di di Björn Larsson. Punto di contatto: il mare, luogo dell’anima, fonte di ispirazione e metafora di libertà. Incroci di sguardi che evocano l’energia simbolica dell’arte e allo stesso tempo dialogano insieme facendosi interpreti di quella segreta armonia tra il moto dell’acqua e le più profonde aspirazioni dell’uomo.
Pordenone, 2017
pp. 48, € 8,00
A cura di Fabio Gambaro
Pordenone, 2016
(pp. 112, € 5,00)
A cura di Fabio Gambaro
Pordenone, 2016
(pp. 112, € 5,00)
«Durante gli otto anni in cui ho fatto la guerra ai terroristi islamici, ho avuto il tempo di guardare e comprendere l’integralismo e le sue dinamiche. Non ho attraversato quegli eventi come Fabrizio Del Dongo alla battaglia Waterloo. Al contrario, ho capito cosa stava succedendo, ho capito la follia islamista e ho misurato il pericolo che rappresentava».
«Rifiuto l’espressione ‘scontro di civiltà’, perché innanzitutto non credo che una civiltà possa identificarsi semplicemente con una nazione, un gruppo o una razza. La civiltà è un percorso e non una realtà chiusa. Nessuna civiltà esiste e nasce da sola, al contrario ogni civiltà è sempre in relazione con la storia e l’esperienza delle altre».
Il modo di intendere la letteratura e il ruolo dello scrittore, il rapporto tra vita e scrittura, il legame col mondo d’origine e le tensioni con quello di adozione, la riflessione su problemi cruciali del nostro tempo che si fanno argomento di romanzi: questo e molto altro ancora viene messo a fuoco nella densa, acuta intervista di Fabio Gambaro a Yasmina Khadra. Ne emerge il ritratto di un personaggio complesso, che ha chiara consapevolezza del senso di un percorso compiuto attraverso esperienze non facili, che comunque sono valse a temprarlo come uomo e come letterato.
All’intervista segue un testo di Yasmina Khadra inedito in Italia: Wadigazen, un suggestivo racconto che ci porta nel cuore misterioso del Sahara algerino.
Completano il volume la biografia di Yasmina Khadra, le note biografiche di Fabio Gambaro, la bibliografia e la filmografia del protagonista di Dedica 2016.
A cura di Fabio Gambaro
Pordenone, 2016
pp. 112, € 5,00
«Durante gli otto anni in cui ho fatto la guerra ai terroristi islamici, ho avuto il tempo di guardare e comprendere l’integralismo e le sue dinamiche. Non ho attraversato quegli eventi come Fabrizio Del Dongo alla battaglia Waterloo. Al contrario, ho capito cosa stava succedendo, ho capito la follia islamista e ho misurato il pericolo che rappresentava».
«Rifiuto l’espressione ‘scontro di civiltà’, perché innanzitutto non credo che una civiltà possa identificarsi semplicemente con una nazione, un gruppo o una razza. La civiltà è un percorso e non una realtà chiusa. Nessuna civiltà esiste e nasce da sola, al contrario ogni civiltà è sempre in relazione con la storia e l’esperienza delle altre».
Il modo di intendere la letteratura e il ruolo dello scrittore, il rapporto tra vita e scrittura, il legame col mondo d’origine e le tensioni con quello di adozione, la riflessione su problemi cruciali del nostro tempo che si fanno argomento di romanzi: questo e molto altro ancora viene messo a fuoco nella densa, acuta intervista di Fabio Gambaro a Yasmina Khadra. Ne emerge il ritratto di un personaggio complesso, che ha chiara consapevolezza del senso di un percorso compiuto attraverso esperienze non facili, che comunque sono valse a temprarlo come uomo e come letterato.
All’intervista segue un testo di Yasmina Khadra inedito in Italia: Wadigazen, un suggestivo racconto che ci porta nel cuore misterioso del Sahara algerino.
Completano il volume la biografia di Yasmina Khadra, le note biografiche di Fabio Gambaro, la bibliografia e la filmografia del protagonista di Dedica 2016.
A cura di Fabio Gambaro
Pordenone, 2016
pp. 112, € 5,00
A cura di Bruno Arpaia
Pordenone, 2015
(pp. 120, € 5,00)
A cura di Bruno Arpaia
Pordenone, 2015
(pp. 120, € 5,00)
«Detesto la parola “impegno”» ha scritto Luis Sepúlveda, «perché è comoda, ha qualcosa che fa pensare a un vestito che indossi e togli a piacimento. Preferisco parlare di “coinvolgimento”. Lo scrittore, secondo me, deve essere coinvolto, deve stare dentro le cose, dentro la vita.»
E dentro la vita dell’autore cileno s’inoltra la lunga intervista di Bruno Arpaia che costituisce il nucleo della monografia Dedica a Luis Sepúlveda: si parte dall’infanzia e dai rapporti con i nonni e i genitori per arrivare alla scoperta della politica e della poesia da parte del giovane Luis, all’impegno nell’esperienza di Unidad Popular e di Salvador Allende, al carcere, all’esilio. Ma, naturalmente, il cuore della conversazione batte attorno alla letteratura e al modo di intenderla dello scrittore cileno. «La letteratura si basa sulla finzione» dice Sepúlveda, «sulla menzogna: è un mondo che non esiste, fatto di personaggi inventati perfino quando si riferiscono a persone reali. Eppure è una menzogna piena di valori che possono portare alla verità, è una menzogna che apre grandi spazi di verità.»
Quella di Sepúlveda è dunque una sfida allo stesso tempo etica ed estetica, combattuta con le armi di un linguaggio asciutto e allo stesso tempo intensissimo, della capacità di attraversare i generi letterari, di dare la parola a chi non l’ha mai avuta o fatica a farsi sentire. Una sfida che, con ironia e speranza, affronta temi come il viaggio e l’utopia, l’avventura e la politica, l’amore e la guerra, l’ironia e il mistero, l’amicizia e la lealtà, la passione e il rispetto per la natura.
Completano la monografia due testi inediti (uno narrativo e uno poetico) dello scrittore cileno, un testo a lui dedicato dalla moglie, la poetessa Carmen Yáñez, testimonianze e saggi critici dello scrittore José Manuel Fajardo, della traduttrice italiana di Sepúlveda, Ilide Carmignani, e del suo editore italiano, Luigi Brioschi, nonché un ritratto esclusivo del “fotografo degli scrittori”, l’argentino Daniel Mordzinski.
A cura di Bruno Arpaia
Pordenone, 2015
(pp. 120, € 5,00)
«Detesto la parola “impegno”» ha scritto Luis Sepúlveda, «perché è comoda, ha qualcosa che fa pensare a un vestito che indossi e togli a piacimento. Preferisco parlare di “coinvolgimento”. Lo scrittore, secondo me, deve essere coinvolto, deve stare dentro le cose, dentro la vita.»
E dentro la vita dell’autore cileno s’inoltra la lunga intervista di Bruno Arpaia che costituisce il nucleo della monografia Dedica a Luis Sepúlveda: si parte dall’infanzia e dai rapporti con i nonni e i genitori per arrivare alla scoperta della politica e della poesia da parte del giovane Luis, all’impegno nell’esperienza di Unidad Popular e di Salvador Allende, al carcere, all’esilio. Ma, naturalmente, il cuore della conversazione batte attorno alla letteratura e al modo di intenderla dello scrittore cileno. «La letteratura si basa sulla finzione» dice Sepúlveda, «sulla menzogna: è un mondo che non esiste, fatto di personaggi inventati perfino quando si riferiscono a persone reali. Eppure è una menzogna piena di valori che possono portare alla verità, è una menzogna che apre grandi spazi di verità.»
Quella di Sepúlveda è dunque una sfida allo stesso tempo etica ed estetica, combattuta con le armi di un linguaggio asciutto e allo stesso tempo intensissimo, della capacità di attraversare i generi letterari, di dare la parola a chi non l’ha mai avuta o fatica a farsi sentire. Una sfida che, con ironia e speranza, affronta temi come il viaggio e l’utopia, l’avventura e la politica, l’amore e la guerra, l’ironia e il mistero, l’amicizia e la lealtà, la passione e il rispetto per la natura.
Completano la monografia due testi inediti (uno narrativo e uno poetico) dello scrittore cileno, un testo a lui dedicato dalla moglie, la poetessa Carmen Yáñez, testimonianze e saggi critici dello scrittore José Manuel Fajardo, della traduttrice italiana di Sepúlveda, Ilide Carmignani, e del suo editore italiano, Luigi Brioschi, nonché un ritratto esclusivo del “fotografo degli scrittori”, l’argentino Daniel Mordzinski.
A cura di Bruno Arpaia
Pordenone, 2015
(pp. 120, € 5,00)
A cura di Fabio Gambaro
Pordenone, 2014
(pp. 120, € 5,00)
A cura di Fabio Gambaro
Pordenone, 2014
(pp. 120, € 5,00)
«Una letteratura ripiegata su sé stessa può anche produrre autori geniali come Proust o Céline, ma sono eccezioni. Il più delle volte essa dà luogo a opere asfittiche che si guardano l'ombelico.
È una letteratura che resta sola con sé stessa, isterilendosi progressivamente. L'incontro con l'altrove e con gli altri mondi è invece sempre fonte di arricchimento, anche di contraddizione e di contrasto, ma pur sempre di arricchimento.»
«Nei miei libri mi sono spesso interessato alle situazioni drammatiche e alle ingiustizie, di fronte alle quali provo sempre la stessa indignazione, un sentimento che alimenta di continuo la mia scrittura.»
«Non si può fare sempre e solo letteratura da combattimento. Ho scritto molti libri e tra questi figurano anche delle opere non necessariamente di denuncia. [...] Continuo a pensare che la letteratura debba affrontare i temi che in passato avremmo chiamato "impegnati", ma contemporaneamente sono convinto che non debba restarne prigioniera. Deve prendersi la libertà di andare anche in altre direzioni. »
La riflessione sulla letteratura è il filo rosso dell'intensa e articolata intervista che costituisce il nucleo della monografia Dedica a Tahar Ben Jelloun.
Sollecitato dalle puntuali domande di Fabio Gambaro, lo scrittore parla del suo esordio come poeta, degli intenti di testimonianza e di denuncia che hanno ispirato la sua poesia e poi buona parte della sua scrittura, delle ragioni che in seguito lo hanno portato ad altre scelte tematiche ed espressive.
Ai temi strettamente letterari se ne intrecciano altri che si riconducono comunque alla letteratura: il legame con il mondo d'origine, il confronto tra culture nell'esperienza personale e nella realtà sociale, le amicizie e le predilezioni in ambito letterario ed artistico, le polemiche che hanno fatto da contrappunto al successo.
L'intervista - un incisivo ritratto a tutto tondo del protagonista di Dedica 2014 - si chiude con un atto di fede di Ben Jelloun nel ruolo insostituibile della letteratura, qualunque sia la direzione in cui andrà in futuro la società.
Completa la monografia un testo di Ben Jelloun inedito in Italia, Sono uno scrittore giapponese, che affronta con levità di stile principi importanti: il diritto dello scrittore a riconoscere come "patria" soprattutto il territorio della letteratura e, in parallelo, l'idea della letteratura come spazio della libera espressione e luogo senza frontiere.
A cura di Fabio Gambaro
Pordenone, 2014
(pp. 120, € 5,00)
«Una letteratura ripiegata su sé stessa può anche produrre autori geniali come Proust o Céline, ma sono eccezioni. Il più delle volte essa dà luogo a opere asfittiche che si guardano l'ombelico.
È una letteratura che resta sola con sé stessa, isterilendosi progressivamente. L'incontro con l'altrove e con gli altri mondi è invece sempre fonte di arricchimento, anche di contraddizione e di contrasto, ma pur sempre di arricchimento.»
«Nei miei libri mi sono spesso interessato alle situazioni drammatiche e alle ingiustizie, di fronte alle quali provo sempre la stessa indignazione, un sentimento che alimenta di continuo la mia scrittura.»
«Non si può fare sempre e solo letteratura da combattimento. Ho scritto molti libri e tra questi figurano anche delle opere non necessariamente di denuncia. [...] Continuo a pensare che la letteratura debba affrontare i temi che in passato avremmo chiamato "impegnati", ma contemporaneamente sono convinto che non debba restarne prigioniera. Deve prendersi la libertà di andare anche in altre direzioni. »
La riflessione sulla letteratura è il filo rosso dell'intensa e articolata intervista che costituisce il nucleo della monografia Dedica a Tahar Ben Jelloun.
Sollecitato dalle puntuali domande di Fabio Gambaro, lo scrittore parla del suo esordio come poeta, degli intenti di testimonianza e di denuncia che hanno ispirato la sua poesia e poi buona parte della sua scrittura, delle ragioni che in seguito lo hanno portato ad altre scelte tematiche ed espressive.
Ai temi strettamente letterari se ne intrecciano altri che si riconducono comunque alla letteratura: il legame con il mondo d'origine, il confronto tra culture nell'esperienza personale e nella realtà sociale, le amicizie e le predilezioni in ambito letterario ed artistico, le polemiche che hanno fatto da contrappunto al successo.
L'intervista - un incisivo ritratto a tutto tondo del protagonista di Dedica 2014 - si chiude con un atto di fede di Ben Jelloun nel ruolo insostituibile della letteratura, qualunque sia la direzione in cui andrà in futuro la società.
Completa la monografia un testo di Ben Jelloun inedito in Italia, Sono uno scrittore giapponese, che affronta con levità di stile principi importanti: il diritto dello scrittore a riconoscere come "patria" soprattutto il territorio della letteratura e, in parallelo, l'idea della letteratura come spazio della libera espressione e luogo senza frontiere.
A cura di Fabio Gambaro
Pordenone, 2014
(pp. 120, € 5,00)
a cura di Bruno Arpaia
Pordenone, 2013
(pp. 135, € 5,00)
a cura di Bruno Arpaia
Pordenone, 2013
(pp. 135, € 5,00)
«È uno degli scrittori più cerebrali e razionalistici delle nostre lettere ed è, allo stesso tempo, un'intelligenza al servizio di ciò che è enigmatico o, meglio, di ciò che è insolubile. I suoi libri sono fatti di segreti o versioni dubbie, o anche di versioni contraddittorie e di prospettive che si autoescludono.»
Così Jordi Gracia García in uno dei saggi contenuti nella monografía definisce Javier Cercas, individuando gli aspetti più caratteristici della sua opera: la capacità di cogliere l'indicibile sepolto nell'evento storico e la centralità della ricerca di una verità di per sé sfuggente.
In apertura la lunga conversazione con Bruno Arpaia, profondo e raffinato conoscitore dell'opera di Cercas, attraversa il percorso biografico e intellettuale dello scrittore soffermandosi sugli anni della formazione e della vocazione letteraria e raccontando la genesi dei suoi romanzi.
Arricchiscono il volume due piacevoli inediti di Cercas e un saggio di Alberto Manguel, illuminante per comprendere come Cercas si collochi a pieno titolo nel solco della tradizione della letteratura epica che prende le mosse dall'Iliade e dall'Odissea.
a cura di Bruno Arpaia
Pordenone, 2013
(pp. 135, € 5,00)
«È uno degli scrittori più cerebrali e razionalistici delle nostre lettere ed è, allo stesso tempo, un'intelligenza al servizio di ciò che è enigmatico o, meglio, di ciò che è insolubile. I suoi libri sono fatti di segreti o versioni dubbie, o anche di versioni contraddittorie e di prospettive che si autoescludono.»
Così Jordi Gracia García in uno dei saggi contenuti nella monografía definisce Javier Cercas, individuando gli aspetti più caratteristici della sua opera: la capacità di cogliere l'indicibile sepolto nell'evento storico e la centralità della ricerca di una verità di per sé sfuggente.
In apertura la lunga conversazione con Bruno Arpaia, profondo e raffinato conoscitore dell'opera di Cercas, attraversa il percorso biografico e intellettuale dello scrittore soffermandosi sugli anni della formazione e della vocazione letteraria e raccontando la genesi dei suoi romanzi.
Arricchiscono il volume due piacevoli inediti di Cercas e un saggio di Alberto Manguel, illuminante per comprendere come Cercas si collochi a pieno titolo nel solco della tradizione della letteratura epica che prende le mosse dall'Iliade e dall'Odissea.
a cura di Bruno Arpaia
Pordenone, 2013
(pp. 135, € 5,00)
a cura di Alessandra Di Maio
Pordenone, 2012
(pp. 152, € 5,00)
a cura di Alessandra Di Maio
Pordenone, 2012
(pp. 152, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Viandante, mettiti in strada
sul far del giorno.
Ti garantisco meraviglie
in quell'ora santa.
La strada, metafora della vita in quanto spazio di esperienza, fattore di conoscenza e di trasformazione, costituisce un leitmotiv nell'opera di Wole Soyinka. È comprensibile quindi che questo tema ricorra anche nella monografia sul dedicatario, a partire dal titolo - «Compagni di strada» - scelto dalla curatrice Alessandra Di Maio per il suo scritto posto in apertura di volume: un excursus tra letteratura e biografia dal quale emerge un vivido ritratto di Soyinka, la cui immagine viene poi ulteriormente definita dalla conversazione tra la Di Maio e l'autore («La terapia delle parole»).
In «Una lanterna magica», breve estratto dal libro autobiografico «Sul far del giorno», è lo stesso Soyinka a raccontare il fascino irresistibile della strada, «compagna e complice» della sua umana avventura già nel tempo mitico delle esplorazioni infantili, poi negli anni dei viaggi giovanili alla scoperta dell'Europa e ancora oltre.
La monografia dà conto dell'impegno civile di Soyinka con un testo fin qui inedito in Italia: «Assoluti e relativismi culturali. La dignità e la sacralità della vita umana». Citando in funzione dimostrativa clamorosi fatti di cronaca, con logica stringente l'autore mette sotto accusa due grandi mali dei nostri tempi: il relativismo culturale, in nome del quale si arrivano a giustificare gravissime violazioni dei diritti umani, e gli assolutismi – primo fra tutti il fondamentalismo religioso - che negano al "diverso" il diritto alla libertà, alla dignità e persino alla vita.
Tre poesie, «Conversazione telefonica», «I figli di questa terra», «Questa è l'ora del canto», testimoniano con la varietà dei toni e dei registri linguistici la poliedricità e la potenza espressiva del poeta Soyinka.
La riflessione sulla produzione teatrale dell'autore è affidata ai critici Claudio Gorlier («Da Dioniso a Ogun. La nozione di tragedia in Wole Soyinka») e Tiziana Morosetti («Un attore riluttante. Teatro e impegno prima e dopo il Nobel»). Il primo mette in luce l'originale re-invenzione del genere tragico che lo scrittore ha compiuto innestando sulla matrice europea la cultura africana; la seconda sottolinea come il carattere polemico e il valore politico siano elementi costanti dell'intera drammaturgia soyinkiana.
Tra i due scritti appena citati si colloca il saggio di Armando Pajalich «Ogun Abibimañ. La storia, la maschera, il ferro, il rituale». In esso Pajalich dimostra che il particolare sincretismo (la fusione tra storia e mito, tra uomo e dio) del poema in questione conferma da un lato il radicamento di Soyinka in più culture e in più dimensioni temporali, dall'altro la volontà dell'autore di avocare a sé il ruolo di portavoce del suo popolo. L'apparato bio-bibliografico chiude il volume.
a cura di Alessandra Di Maio
Pordenone, 2012
(pp. 152, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Viandante, mettiti in strada
sul far del giorno.
Ti garantisco meraviglie
in quell'ora santa.
La strada, metafora della vita in quanto spazio di esperienza, fattore di conoscenza e di trasformazione, costituisce un leitmotiv nell'opera di Wole Soyinka. È comprensibile quindi che questo tema ricorra anche nella monografia sul dedicatario, a partire dal titolo - «Compagni di strada» - scelto dalla curatrice Alessandra Di Maio per il suo scritto posto in apertura di volume: un excursus tra letteratura e biografia dal quale emerge un vivido ritratto di Soyinka, la cui immagine viene poi ulteriormente definita dalla conversazione tra la Di Maio e l'autore («La terapia delle parole»).
In «Una lanterna magica», breve estratto dal libro autobiografico «Sul far del giorno», è lo stesso Soyinka a raccontare il fascino irresistibile della strada, «compagna e complice» della sua umana avventura già nel tempo mitico delle esplorazioni infantili, poi negli anni dei viaggi giovanili alla scoperta dell'Europa e ancora oltre.
La monografia dà conto dell'impegno civile di Soyinka con un testo fin qui inedito in Italia: «Assoluti e relativismi culturali. La dignità e la sacralità della vita umana». Citando in funzione dimostrativa clamorosi fatti di cronaca, con logica stringente l'autore mette sotto accusa due grandi mali dei nostri tempi: il relativismo culturale, in nome del quale si arrivano a giustificare gravissime violazioni dei diritti umani, e gli assolutismi – primo fra tutti il fondamentalismo religioso - che negano al "diverso" il diritto alla libertà, alla dignità e persino alla vita.
Tre poesie, «Conversazione telefonica», «I figli di questa terra», «Questa è l'ora del canto», testimoniano con la varietà dei toni e dei registri linguistici la poliedricità e la potenza espressiva del poeta Soyinka.
La riflessione sulla produzione teatrale dell'autore è affidata ai critici Claudio Gorlier («Da Dioniso a Ogun. La nozione di tragedia in Wole Soyinka») e Tiziana Morosetti («Un attore riluttante. Teatro e impegno prima e dopo il Nobel»). Il primo mette in luce l'originale re-invenzione del genere tragico che lo scrittore ha compiuto innestando sulla matrice europea la cultura africana; la seconda sottolinea come il carattere polemico e il valore politico siano elementi costanti dell'intera drammaturgia soyinkiana.
Tra i due scritti appena citati si colloca il saggio di Armando Pajalich «Ogun Abibimañ. La storia, la maschera, il ferro, il rituale». In esso Pajalich dimostra che il particolare sincretismo (la fusione tra storia e mito, tra uomo e dio) del poema in questione conferma da un lato il radicamento di Soyinka in più culture e in più dimensioni temporali, dall'altro la volontà dell'autore di avocare a sé il ruolo di portavoce del suo popolo. L'apparato bio-bibliografico chiude il volume.
a cura di Alessandra Di Maio
Pordenone, 2012
(pp. 152, € 5,00)
a cura di Angelo Bertani
Pordenone, 2012
(pp. 74, € 10,00)
a cura di Angelo Bertani
Pordenone, 2012
(pp. 74, € 10,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, IL VOLUME PUO' ESSERE CONSULTATO O PRESO IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Un progetto espositivo quale la mostra fotografica "Wole Soyinka and the rest of us" non poteva non avere il complemento di un catalogo che ne attestasse sulla durata il valore artistico e conoscitivo. Le fotografie di Akintunde Akinleye, straordinarie per bellezza e intensità comunicativa, raccontano una realtà complessa e mobile, duramente investita da vicende che oggi irrompono con forza nei titoli dei media di tutto il mondo. Quella che Akinleye documenta è l'attualità nigeriana nella sua quotidianità e nei suoi clamori. È l'esistenza della gente comune colta nelle situazioni più diverse: nelle normali attività e nei momenti di ritualità collettiva, nelle espressioni artistiche e nelle manifestazioni di protesta, nella desolazione di una natura scempiata e nello sgomento per l'esplodere della violenza.
È il volto odierno di una nazione giovane ma di antica storia, che ha dietro di sé la tormentata ricerca di un percorso autonomo dopo l'epoca coloniale e che al presente subisce, nelle forme più aspre, le contraddizioni e le crisi della contemporaneità. Il catalogo, in italiano e in inglese, contiene due contributi critici.
Nel primo - «La narrativa fotografica di Akinleye e il credo della speranza» - Frank Ugiomoh, Professore di Storia e Teoria dell'Arte Dipartimento delle Belle Arti e del Design all'Università di Port Harcourt, Nigeria, ripercorre la vicenda umana e professionale di Akinleye, mettendo in rilievo l'influenza dei suoi studi di sociologia sulla decisione di concentrarsi sugli aspetti socio-politici della realtà nigeriana. Con l'icastica definizione di "predatore di eventi" Ugiomoh sottolinea tra l'altro l'istinto vivissimo che porta Akinleye a trovarsi sulla scena giusta al momento giusto e la sua capacità di catturare attimi di tale efficacia espressiva da trasmettere tutto il senso degli avvenimenti.
Il secondo saggio - «La fotografia a difesa della dignità dell'uomo» - si deve al critico d'arte Angelo Bertani, che è anche il curatore della pubblicazione.
Bertani, dopo aver distinto un fotogiornalismo "cinico", che punta a scioccare con immagini sconvolgenti, dal fotogiornalismo correttamente ispirato all'onestà e all'obiettività dell'informazione, dimostra come Akinleye appartenga a pieno titolo al secondo genere, che il critico definisce "umanistico".
Le varie sezioni del volume, riproducenti l'articolazione della mostra, sono introdotte da note esplicative di Akintunde Akinleye, cui fanno da contrappunto notazioni in tema tratte da dichiarazioni di Soyinka.
a cura di Angelo Bertani
Pordenone, 2012
(pp. 74, € 10,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, IL VOLUME PUO' ESSERE CONSULTATO O PRESO IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Un progetto espositivo quale la mostra fotografica "Wole Soyinka and the rest of us" non poteva non avere il complemento di un catalogo che ne attestasse sulla durata il valore artistico e conoscitivo. Le fotografie di Akintunde Akinleye, straordinarie per bellezza e intensità comunicativa, raccontano una realtà complessa e mobile, duramente investita da vicende che oggi irrompono con forza nei titoli dei media di tutto il mondo. Quella che Akinleye documenta è l'attualità nigeriana nella sua quotidianità e nei suoi clamori. È l'esistenza della gente comune colta nelle situazioni più diverse: nelle normali attività e nei momenti di ritualità collettiva, nelle espressioni artistiche e nelle manifestazioni di protesta, nella desolazione di una natura scempiata e nello sgomento per l'esplodere della violenza.
È il volto odierno di una nazione giovane ma di antica storia, che ha dietro di sé la tormentata ricerca di un percorso autonomo dopo l'epoca coloniale e che al presente subisce, nelle forme più aspre, le contraddizioni e le crisi della contemporaneità. Il catalogo, in italiano e in inglese, contiene due contributi critici.
Nel primo - «La narrativa fotografica di Akinleye e il credo della speranza» - Frank Ugiomoh, Professore di Storia e Teoria dell'Arte Dipartimento delle Belle Arti e del Design all'Università di Port Harcourt, Nigeria, ripercorre la vicenda umana e professionale di Akinleye, mettendo in rilievo l'influenza dei suoi studi di sociologia sulla decisione di concentrarsi sugli aspetti socio-politici della realtà nigeriana. Con l'icastica definizione di "predatore di eventi" Ugiomoh sottolinea tra l'altro l'istinto vivissimo che porta Akinleye a trovarsi sulla scena giusta al momento giusto e la sua capacità di catturare attimi di tale efficacia espressiva da trasmettere tutto il senso degli avvenimenti.
Il secondo saggio - «La fotografia a difesa della dignità dell'uomo» - si deve al critico d'arte Angelo Bertani, che è anche il curatore della pubblicazione.
Bertani, dopo aver distinto un fotogiornalismo "cinico", che punta a scioccare con immagini sconvolgenti, dal fotogiornalismo correttamente ispirato all'onestà e all'obiettività dell'informazione, dimostra come Akinleye appartenga a pieno titolo al secondo genere, che il critico definisce "umanistico".
Le varie sezioni del volume, riproducenti l'articolazione della mostra, sono introdotte da note esplicative di Akintunde Akinleye, cui fanno da contrappunto notazioni in tema tratte da dichiarazioni di Soyinka.
a cura di Angelo Bertani
Pordenone, 2012
(pp. 74, € 10,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2011
(pp. 112, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2011
(pp. 112, € 5,00)
«Certe persone viaggiano per andare da amici, altre inseguono un ricordo, un quadro, o un paesaggio, qualche rara volta qualcuno va in pellegrinaggio verso una poesia».
In questo pensiero di Cees Nooteboom – incipit del suo racconto "Un incontro a Recanati", che chiude la monografia a lui dedicata e curata da Claudio Cattaruzza – potremmo dire che è racchiusa tutta la filosofia di vita dello scrittore olandese, viaggiatore instancabile, curioso di mille cose, ma attento a fermarsi a meditare su una poesia o un poeta.
Nella sua immaginaria conversazione con Nooteboom, il giornalista Piet Piryns ci fa entrare nel mondo dello scrittore, partendo dai suoi ricordi più lontani per arrivare a illustrarci la varietà delle sue opere, molto spesso legate proprio al "viaggiare" che costituisce una costante del Nooteboom scrittore, giornalista, saggista.
I vari aspetti di questa multiforme attività vengono poi approfonditi negli scritti di altri studiosi, amici o estimatori di Nooteboom quali László Földényi, che entra nello specifico dei libri dello scrittore olandese, per soffermarsi poi sull'aspetto del viaggiatore; o Alberto Manguel, che definisce "universale" la letteratura del "dedicato"; o come Fulvio Ferrari, traduttore di Nooteboom, che ritiene la traduzione dei suoi libri "un'esperienza intellettuale".
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2011
(pp. 112, € 5,00)
«Certe persone viaggiano per andare da amici, altre inseguono un ricordo, un quadro, o un paesaggio, qualche rara volta qualcuno va in pellegrinaggio verso una poesia».
In questo pensiero di Cees Nooteboom – incipit del suo racconto "Un incontro a Recanati", che chiude la monografia a lui dedicata e curata da Claudio Cattaruzza – potremmo dire che è racchiusa tutta la filosofia di vita dello scrittore olandese, viaggiatore instancabile, curioso di mille cose, ma attento a fermarsi a meditare su una poesia o un poeta.
Nella sua immaginaria conversazione con Nooteboom, il giornalista Piet Piryns ci fa entrare nel mondo dello scrittore, partendo dai suoi ricordi più lontani per arrivare a illustrarci la varietà delle sue opere, molto spesso legate proprio al "viaggiare" che costituisce una costante del Nooteboom scrittore, giornalista, saggista.
I vari aspetti di questa multiforme attività vengono poi approfonditi negli scritti di altri studiosi, amici o estimatori di Nooteboom quali László Földényi, che entra nello specifico dei libri dello scrittore olandese, per soffermarsi poi sull'aspetto del viaggiatore; o Alberto Manguel, che definisce "universale" la letteratura del "dedicato"; o come Fulvio Ferrari, traduttore di Nooteboom, che ritiene la traduzione dei suoi libri "un'esperienza intellettuale".
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2011
(pp. 112, € 5,00)
a cura di Enrico Ganni
Pordenone, 2010
(pp. 112, € 5,00)
a cura di Enrico Ganni
Pordenone, 2010
(pp. 112, € 5,00)
«Esistono due tipi di scrittori, il primo è il tipo talpa: determinato, con un progetto che persegue ad ogni costo e fino in fondo. È ossessivo, unilaterale, un po' alla Kafka. Il secondo è il tipo cicogna che si muove e segue la sua preda un po' ovunque. È difficile stare dietro al suo percorso. Io appartengo al secondo tipo ovviamente».
«I mass media esigono tuttologi, i moderni sofisti della chiacchiera. Cadute le ideologie politiche, la scienza è la nuova utopia, mentre la poesia è l'alternativa alla mercificazione».
È affidata all'intervista di Enrico Ganni – curatore della monografia – la possibilità di conoscere più da vicino Hans Magnus Enzensberger, come uomo e come intellettuale. Un intellettuale un po' anomalo, se vogliamo, arguto e per nulla "compreso" nel ruolo e che al primo incontro ti dice: "non chiamatemi professore, non lo sono!". Ebbene, Ganni propone un percorso di e su Enzensberger attraverso domande e brani tratti da sue opere in poesia o prosa. E con la vita dello scrittore emergono anche le vicende che hanno contraddistinto la storia della Germania prima, durante e dopo la Guerra Mondiale.
Quindi, una poesia di Michael Krüger, "H.M.E.", delinea in maniera veloce e non priva di humour la figura di questo personaggio. Infine è lo stesso Enzensberger nel suo scritto "La strada. Rapsodia" a regalare un saggio della sua capacità di guardare al mondo, all'uomo con arguta ironia non priva di un senso di pietas verso il prossimo.
a cura di Enrico Ganni
Pordenone, 2010
(pp. 112, € 5,00)
«Esistono due tipi di scrittori, il primo è il tipo talpa: determinato, con un progetto che persegue ad ogni costo e fino in fondo. È ossessivo, unilaterale, un po' alla Kafka. Il secondo è il tipo cicogna che si muove e segue la sua preda un po' ovunque. È difficile stare dietro al suo percorso. Io appartengo al secondo tipo ovviamente».
«I mass media esigono tuttologi, i moderni sofisti della chiacchiera. Cadute le ideologie politiche, la scienza è la nuova utopia, mentre la poesia è l'alternativa alla mercificazione».
È affidata all'intervista di Enrico Ganni – curatore della monografia – la possibilità di conoscere più da vicino Hans Magnus Enzensberger, come uomo e come intellettuale. Un intellettuale un po' anomalo, se vogliamo, arguto e per nulla "compreso" nel ruolo e che al primo incontro ti dice: "non chiamatemi professore, non lo sono!". Ebbene, Ganni propone un percorso di e su Enzensberger attraverso domande e brani tratti da sue opere in poesia o prosa. E con la vita dello scrittore emergono anche le vicende che hanno contraddistinto la storia della Germania prima, durante e dopo la Guerra Mondiale.
Quindi, una poesia di Michael Krüger, "H.M.E.", delinea in maniera veloce e non priva di humour la figura di questo personaggio. Infine è lo stesso Enzensberger nel suo scritto "La strada. Rapsodia" a regalare un saggio della sua capacità di guardare al mondo, all'uomo con arguta ironia non priva di un senso di pietas verso il prossimo.
a cura di Enrico Ganni
Pordenone, 2010
(pp. 112, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2009
(pp. 122, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2009
(pp. 122, € 5,00)
Le nostre vite ci guidano secondo schemi che non possiamo controllare, e con noi non rimane quasi nulla. Le cose muoiono quando noi moriamo, e in verità moriamo tutti i giorni.
Il "viaggio" che "Dedica" invita a fare porta questa volta a New York, la New York di Paul Auster. La vita e l'opera dello scrittore nato a Newark nel 1947 e che della metropoli americana ha fatto spesso una sorta di co-protagonista dei suoi romanzi, vengono indagate nella monografia "Dedica a Paul Auster" attraverso una serie di interventi puntuali.
Inizia un altro scrittore statunitense, Jonathan Lethem: Lethem intervista Auster e dalla chiacchierata si entra nella dimensione "privata" dello scrittore, nel suo modo di lavorare, di scrivere, di pensare. Si va dall'"attività fisica dello scrivere", che deve rispondere a una determinata "musicalità", all'impegno di Auster nel "cinema" come sceneggiatore e anche come regista; dal "luogo" di lavoro al rifiuto delle moderne "tecnologie" per giungere al rapporto fra romanzo e altre forme d'arte.
Emanuele Trevi nel suo saggio "Paul Auster: una poetica della solitudine", sviluppa appunto il concetto di "solitudine" in Auster confrontandolo con altri illustri precedenti. Il traduttore di Auster in Italia, Massimo Bocchiola, invece, in "Sangue e aria sottile (suggestioni austeriane)" analizza il complesso dell'opera di Auster, ritrovando "un'immagine di rara omogeneità tematica, espressa mediante un'omogeneità linguistica altrettanto decisa e forse ancor più insolita".
La monografia riporta quindi uno scritto inedito di Paul Auster, "Storia della mia macchina da scrivere": un affettuoso e ironico ritratto di uno strumento di lavoro che ha condiviso con lo scrittore molti anni e che fatalmente sarà destinato all'estinzione! Gli apparati – biografia, bibliografia, cinematografia – concludono il volume.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2009
(pp. 122, € 5,00)
Le nostre vite ci guidano secondo schemi che non possiamo controllare, e con noi non rimane quasi nulla. Le cose muoiono quando noi moriamo, e in verità moriamo tutti i giorni.
Il "viaggio" che "Dedica" invita a fare porta questa volta a New York, la New York di Paul Auster. La vita e l'opera dello scrittore nato a Newark nel 1947 e che della metropoli americana ha fatto spesso una sorta di co-protagonista dei suoi romanzi, vengono indagate nella monografia "Dedica a Paul Auster" attraverso una serie di interventi puntuali.
Inizia un altro scrittore statunitense, Jonathan Lethem: Lethem intervista Auster e dalla chiacchierata si entra nella dimensione "privata" dello scrittore, nel suo modo di lavorare, di scrivere, di pensare. Si va dall'"attività fisica dello scrivere", che deve rispondere a una determinata "musicalità", all'impegno di Auster nel "cinema" come sceneggiatore e anche come regista; dal "luogo" di lavoro al rifiuto delle moderne "tecnologie" per giungere al rapporto fra romanzo e altre forme d'arte.
Emanuele Trevi nel suo saggio "Paul Auster: una poetica della solitudine", sviluppa appunto il concetto di "solitudine" in Auster confrontandolo con altri illustri precedenti. Il traduttore di Auster in Italia, Massimo Bocchiola, invece, in "Sangue e aria sottile (suggestioni austeriane)" analizza il complesso dell'opera di Auster, ritrovando "un'immagine di rara omogeneità tematica, espressa mediante un'omogeneità linguistica altrettanto decisa e forse ancor più insolita".
La monografia riporta quindi uno scritto inedito di Paul Auster, "Storia della mia macchina da scrivere": un affettuoso e ironico ritratto di uno strumento di lavoro che ha condiviso con lo scrittore molti anni e che fatalmente sarà destinato all'estinzione! Gli apparati – biografia, bibliografia, cinematografia – concludono il volume.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2009
(pp. 122, € 5,00)
a cura di Itala Vivan
Pordenone, 2008
(pp. 118, € 5,00
a cura di Itala Vivan
Pordenone, 2008
(pp. 118, € 5,00
La verità non è sempre bella, ma la fame di verità sì.
"Dedica a Nadine Gordimer" curata da Itala Vivan, si apre con il saggio della curatrice sull'opera complessiva della scrittrice sudafricana: "Nadine Gordimer narra le storie, la storia", nel quale sostiene che le "storie" narrate trovano la loro "giustificazione" nella "storia" che ha scandito il Sudafrica.
«Il lettore che si immerge nel fiume del suo raccontare – scrive Vivan – vi scopre un universo intero, una stratificazione di ere geologiche strutturate in modo organico, traccia di un corpo vivo che cresce e muta secondo un proprio progetto interno». L'ampia illustrazione delle opere e l'argomentazione della curatrice trova poi un approfondimento nell'intervista della stessa alla Gordimer: "Quando lo scrittore indaga il mistero che è la vita", nella quale è la scrittrice stessa che rivela i motivi di ispirazione delle varie opere.
Lo stesso Premio Nobel, poi, propone un proprio scritto inedito, "Aldilà", che costituisce un breve, quanto succoso saggio della sua ispirazione: caustica, ironica, lontana da consolatorie "verità rivelate".
Gli apparati bio-bibliografici concludono come di consueto la monografia.
a cura di Itala Vivan
Pordenone, 2008
(pp. 118, € 5,00
La verità non è sempre bella, ma la fame di verità sì.
"Dedica a Nadine Gordimer" curata da Itala Vivan, si apre con il saggio della curatrice sull'opera complessiva della scrittrice sudafricana: "Nadine Gordimer narra le storie, la storia", nel quale sostiene che le "storie" narrate trovano la loro "giustificazione" nella "storia" che ha scandito il Sudafrica.
«Il lettore che si immerge nel fiume del suo raccontare – scrive Vivan – vi scopre un universo intero, una stratificazione di ere geologiche strutturate in modo organico, traccia di un corpo vivo che cresce e muta secondo un proprio progetto interno». L'ampia illustrazione delle opere e l'argomentazione della curatrice trova poi un approfondimento nell'intervista della stessa alla Gordimer: "Quando lo scrittore indaga il mistero che è la vita", nella quale è la scrittrice stessa che rivela i motivi di ispirazione delle varie opere.
Lo stesso Premio Nobel, poi, propone un proprio scritto inedito, "Aldilà", che costituisce un breve, quanto succoso saggio della sua ispirazione: caustica, ironica, lontana da consolatorie "verità rivelate".
Gli apparati bio-bibliografici concludono come di consueto la monografia.
a cura di Itala Vivan
Pordenone, 2008
(pp. 118, € 5,00
a cura di Elena Loewenthal
Pordenone, 2007
(pp. 100, foto b/n, € 5,00)
a cura di Elena Loewenthal
Pordenone, 2007
(pp. 100, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Nel mio mondo la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte.
Si apre con il saggio-intervista "Il piacere di leggere, la fatica di scrivere" la monografia "Dedica a Amos Oz", a cura di Elena Loewenthal: in tale intervista, la curatrice descrive il mondo di Oz, e attraverso la biografia dello scrittore propone un senso di lettura delle sue opere. Se attualmente il deserto presso il quale vive, caratterizza la "geografia" dello scrittore, è attraverso una serie di esperienze diverse che si forma il carattere dell'uomo e la sua ispirazione letteraria. Gerusalemme è il luogo dove Oz è nato, ma poi sarà nel kibbutz di Hulda che egli crescerà dopo la perdita della madre; tuttavia tutta la sua vita risentirà di quelle radici "europee" che sono alla base della famiglia. Per quanto attiene allo scrivere, Oz si definisce "scrittore militante", passato attraverso tante esperienze, personali, sociali e politiche in uno Stato, Israele, in una terra, la Palestina, e fra due popoli, israeliano e palestinese, che in questi decenni non sono mai riusciti a trovare un modo per convivere in pace.
A questo proposito è Oz stesso nel saggio che segue a proporre "Una cultura della mediazione", considerata unica strada per superare i contrasti e l'eterno stato di belligeranza tra i due popoli. Quella della "mediazione" – secondo Oz – è una caratteristica della cultura ebraica e su di essa bisogna insistere per un futuro diverso.
Gli apparati bio-bibliografici concludono la monografia.
a cura di Elena Loewenthal
Pordenone, 2007
(pp. 100, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Nel mio mondo la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte.
Si apre con il saggio-intervista "Il piacere di leggere, la fatica di scrivere" la monografia "Dedica a Amos Oz", a cura di Elena Loewenthal: in tale intervista, la curatrice descrive il mondo di Oz, e attraverso la biografia dello scrittore propone un senso di lettura delle sue opere. Se attualmente il deserto presso il quale vive, caratterizza la "geografia" dello scrittore, è attraverso una serie di esperienze diverse che si forma il carattere dell'uomo e la sua ispirazione letteraria. Gerusalemme è il luogo dove Oz è nato, ma poi sarà nel kibbutz di Hulda che egli crescerà dopo la perdita della madre; tuttavia tutta la sua vita risentirà di quelle radici "europee" che sono alla base della famiglia. Per quanto attiene allo scrivere, Oz si definisce "scrittore militante", passato attraverso tante esperienze, personali, sociali e politiche in uno Stato, Israele, in una terra, la Palestina, e fra due popoli, israeliano e palestinese, che in questi decenni non sono mai riusciti a trovare un modo per convivere in pace.
A questo proposito è Oz stesso nel saggio che segue a proporre "Una cultura della mediazione", considerata unica strada per superare i contrasti e l'eterno stato di belligeranza tra i due popoli. Quella della "mediazione" – secondo Oz – è una caratteristica della cultura ebraica e su di essa bisogna insistere per un futuro diverso.
Gli apparati bio-bibliografici concludono la monografia.
a cura di Elena Loewenthal
Pordenone, 2007
(pp. 100, foto b/n, € 5,00)
a cura di Anna Nadotti
Pordenone, 2006
(pp. 116, foto b/n, € 5,00)
a cura di Anna Nadotti
Pordenone, 2006
(pp. 116, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
La lingua è come il vetro, dovrebbe essere trasparente per consentire di vedere cosa c'è dietro. Per questo cerco di tenerla ad un livello di estrema semplicità.
Con Anita Desai "Dedica" è approdata nella lontana India, trovando però nella scrittrice lo strumento per conoscere più da vicino quella realtà, anche se la Desai ci propone una lettura "minimalista" della realtà indiana (e non solo di quella), nel senso che i suoi romanzi non sono mezzi per un'indagine storica o sociologica dell'India, ma mettono in luce – attraverso i personaggi – modi di vivere e di pensare. Ma molte sono le caratteristiche di questa scrittrice, che la monografia "Dedica a Anita Desai" – a cura di Anna Nadotti mette in evidenza.
E inizia proprio la Nadotti – traduttrice in italiano della Desai – a sottolineare la qualità musicale intrinseca alla lingua inglese usata dalla scrittrice indiana, frutto della conoscenza di più lingue, attraverso la quale anche le descrizioni dei paesaggi e degli ambienti assumono atmosfere particolari.
Silvia Albertazzi, in "Un pezzetto di avorio indiano" analizza alcune delle opere maggiori della Desai, facendo emergere la sua capacità di realizzare e descrivere «un perfetto microcosmo di sentimenti, stati d'animo, frustrazioni e violenze quotidiane». Anche Lidia Curti, in "Under Eastern Eyes", pone l'accento sulla lingua scelta dalla Desai, ovvero quell'inglese della colonizzazione, «continuando a parlare con voce indiana».
Altri contributi riguardano altri aspetti dell'opera della scrittrice: Federica Oddera, "Una scheggia di dorata assurdità", analizza il tema del "viaggio"; Alberto Rollo, in "Don't fance me in. Su Anita Desai e Chiara luce del giorno", parla di questo romanzo, considerato tra i maggiori della scrittrice; mentre Italo Spinelli, in "In custody, dal libro al film, da Delhi a Bhopal", racconta la storia della trasposizione cinematografica del romanzo.
Infine la stessa Anita Desai propone nel suo scritto "L'occhio che osserva" il suo rapporto con il cinema e in particolare sulla differenza di "raccontare" con la parola e con le immagini.
Gli apparati bio-bibliografici concludono la monografia.
a cura di Anna Nadotti
Pordenone, 2006
(pp. 116, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
La lingua è come il vetro, dovrebbe essere trasparente per consentire di vedere cosa c'è dietro. Per questo cerco di tenerla ad un livello di estrema semplicità.
Con Anita Desai "Dedica" è approdata nella lontana India, trovando però nella scrittrice lo strumento per conoscere più da vicino quella realtà, anche se la Desai ci propone una lettura "minimalista" della realtà indiana (e non solo di quella), nel senso che i suoi romanzi non sono mezzi per un'indagine storica o sociologica dell'India, ma mettono in luce – attraverso i personaggi – modi di vivere e di pensare. Ma molte sono le caratteristiche di questa scrittrice, che la monografia "Dedica a Anita Desai" – a cura di Anna Nadotti mette in evidenza.
E inizia proprio la Nadotti – traduttrice in italiano della Desai – a sottolineare la qualità musicale intrinseca alla lingua inglese usata dalla scrittrice indiana, frutto della conoscenza di più lingue, attraverso la quale anche le descrizioni dei paesaggi e degli ambienti assumono atmosfere particolari.
Silvia Albertazzi, in "Un pezzetto di avorio indiano" analizza alcune delle opere maggiori della Desai, facendo emergere la sua capacità di realizzare e descrivere «un perfetto microcosmo di sentimenti, stati d'animo, frustrazioni e violenze quotidiane». Anche Lidia Curti, in "Under Eastern Eyes", pone l'accento sulla lingua scelta dalla Desai, ovvero quell'inglese della colonizzazione, «continuando a parlare con voce indiana».
Altri contributi riguardano altri aspetti dell'opera della scrittrice: Federica Oddera, "Una scheggia di dorata assurdità", analizza il tema del "viaggio"; Alberto Rollo, in "Don't fance me in. Su Anita Desai e Chiara luce del giorno", parla di questo romanzo, considerato tra i maggiori della scrittrice; mentre Italo Spinelli, in "In custody, dal libro al film, da Delhi a Bhopal", racconta la storia della trasposizione cinematografica del romanzo.
Infine la stessa Anita Desai propone nel suo scritto "L'occhio che osserva" il suo rapporto con il cinema e in particolare sulla differenza di "raccontare" con la parola e con le immagini.
Gli apparati bio-bibliografici concludono la monografia.
a cura di Anna Nadotti
Pordenone, 2006
(pp. 116, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2005
(pp. 136, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2005
(pp. 136, foto b/n, € 5,00)
La letteratura è l'unico veicolo di pensiero utopico e critico: si può rinunciare alla carne ma non all'utopia.
Il volume Dedica a Paco Ignacio Taibo II è un compendio di testi realizzato da persone care e amici dello scrittore.
Apre il volume un ritratto biografico del giornalista Pietro Cheli che scrive "Se dovessero raccontarvi un giorno cha Paco Ignacio Taibo II ha fatto, e fa miracoli, rischiando di essere proclamato santo non credeteci. Ma se vi dicessero che intorno a lui circolano leggende che hanno dell'incredibile, credeteci pure."
Una lunga intervista a quattro mani curata da Bruno Arpaia e Pino Caciucci costituisce il corpo centrale del libro: una chiacchrata che "indaga" nel percorso artistico e umano di Paco Ignacio Taibo II e che ha l'obiettivo di entrare nelle sfaccettature dell'impegno civile e letterario dello scrittore e, nel contempo, di tratteggiarne la personalità. Segue una dedica affettuosa del fratello dello scrittore, il poeta Benito Taibo, dal titolo "Caino e Caino", del padre Paco Ignacio Taibo I e uno scritto inedito di Paco Ignacio che sul suo rapporto con la scrittura dice: "Da quando possiedo ciò che chiamano l'uso della ragione, so che la scrittura, l'impiastricciare la carta con le lettere è il mio destino, il mio piacere e la mia condanna". Completano il volume la biografia e la bibliografia.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2005
(pp. 136, foto b/n, € 5,00)
La letteratura è l'unico veicolo di pensiero utopico e critico: si può rinunciare alla carne ma non all'utopia.
Il volume Dedica a Paco Ignacio Taibo II è un compendio di testi realizzato da persone care e amici dello scrittore.
Apre il volume un ritratto biografico del giornalista Pietro Cheli che scrive "Se dovessero raccontarvi un giorno cha Paco Ignacio Taibo II ha fatto, e fa miracoli, rischiando di essere proclamato santo non credeteci. Ma se vi dicessero che intorno a lui circolano leggende che hanno dell'incredibile, credeteci pure."
Una lunga intervista a quattro mani curata da Bruno Arpaia e Pino Caciucci costituisce il corpo centrale del libro: una chiacchrata che "indaga" nel percorso artistico e umano di Paco Ignacio Taibo II e che ha l'obiettivo di entrare nelle sfaccettature dell'impegno civile e letterario dello scrittore e, nel contempo, di tratteggiarne la personalità. Segue una dedica affettuosa del fratello dello scrittore, il poeta Benito Taibo, dal titolo "Caino e Caino", del padre Paco Ignacio Taibo I e uno scritto inedito di Paco Ignacio che sul suo rapporto con la scrittura dice: "Da quando possiedo ciò che chiamano l'uso della ragione, so che la scrittura, l'impiastricciare la carta con le lettere è il mio destino, il mio piacere e la mia condanna". Completano il volume la biografia e la bibliografia.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2005
(pp. 136, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza, Egi Volterrani
Pordenone, 2004
(pp. 136, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza, Egi Volterrani
Pordenone, 2004
(pp. 136, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
La scrittura del giornalista, in Algeria come in Egitto, in America centrale o altrove, espone ai proiettili, all'attentato mirato. Certo lo scrittore, sia che si voglia, nel suo paese in crisi, giornalista o testimone, sia che sia afferrato da questa linea di fuga, non è una peculiarità algerina.
Il percorso di "Dedica" attorno al Mediterraneo si conclude nel Magreb, in terra d'Algeria, con la scrittrice Assia Djebar, rappresentante illustre di quella letteratura – nutrita di cultura francese – volta all'emancipazione della donna. Curata da Claudio Cattaruzza e Egi Volterrani, la monografia "Dedica a Assia Djebar" si apre con il colloquio tra la scrittrice e Volterrani "Tutto viene dalle voci", al quale lo studioso premette un inquadramento storico dell'Algeria, indispensabile per meglio comprendere la letteratura algerina. Per la Djebar, nella sua opera «tutto viene dalle voci, attraverso le voci e al di fuori della lingua francese». "Tra volo e esplosione. La scrittura/spazio di Assia Djebar" è il titolo del saggio che Maria Nadotti ha dedicato all'opera della scrittrice, le cui pagine «sono percorse da molteplici metafore, che legano indissolubilmente la scrittura al movimento libero del corpo nello spazio. Spazio pubblico e atmosferico insieme».
Il problema della lingua – essenziale per penetrare compiutamente i romanzi di Djebar – viene affrontato da Paola Bava con "Tutte le lingue che porto in me" - Viaggio nel "territorio delle lingue" di Assia Djebar.
Ma l'opera della Djebar non è solo scrittura letteraria, è anche scrittura per il cinema: di questo aspetto si occupa Antonia Naim nel suo saggio: "Fare cinema, per me, non è abbandonare la parola per l'immagine. È fare delle immagini-suono. È come un ritorno alle origini a livello di linguaggio".
Infine uno scritto della stessa Assia Djebar: "Scrivere senza alcuna eredità", nel quale descrive la condizione della donna in Algeria.
Gli apparati bio-bibliografici concludono la monografia.
a cura di Claudio Cattaruzza, Egi Volterrani
Pordenone, 2004
(pp. 136, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
La scrittura del giornalista, in Algeria come in Egitto, in America centrale o altrove, espone ai proiettili, all'attentato mirato. Certo lo scrittore, sia che si voglia, nel suo paese in crisi, giornalista o testimone, sia che sia afferrato da questa linea di fuga, non è una peculiarità algerina.
Il percorso di "Dedica" attorno al Mediterraneo si conclude nel Magreb, in terra d'Algeria, con la scrittrice Assia Djebar, rappresentante illustre di quella letteratura – nutrita di cultura francese – volta all'emancipazione della donna. Curata da Claudio Cattaruzza e Egi Volterrani, la monografia "Dedica a Assia Djebar" si apre con il colloquio tra la scrittrice e Volterrani "Tutto viene dalle voci", al quale lo studioso premette un inquadramento storico dell'Algeria, indispensabile per meglio comprendere la letteratura algerina. Per la Djebar, nella sua opera «tutto viene dalle voci, attraverso le voci e al di fuori della lingua francese». "Tra volo e esplosione. La scrittura/spazio di Assia Djebar" è il titolo del saggio che Maria Nadotti ha dedicato all'opera della scrittrice, le cui pagine «sono percorse da molteplici metafore, che legano indissolubilmente la scrittura al movimento libero del corpo nello spazio. Spazio pubblico e atmosferico insieme».
Il problema della lingua – essenziale per penetrare compiutamente i romanzi di Djebar – viene affrontato da Paola Bava con "Tutte le lingue che porto in me" - Viaggio nel "territorio delle lingue" di Assia Djebar.
Ma l'opera della Djebar non è solo scrittura letteraria, è anche scrittura per il cinema: di questo aspetto si occupa Antonia Naim nel suo saggio: "Fare cinema, per me, non è abbandonare la parola per l'immagine. È fare delle immagini-suono. È come un ritorno alle origini a livello di linguaggio".
Infine uno scritto della stessa Assia Djebar: "Scrivere senza alcuna eredità", nel quale descrive la condizione della donna in Algeria.
Gli apparati bio-bibliografici concludono la monografia.
a cura di Claudio Cattaruzza, Egi Volterrani
Pordenone, 2004
(pp. 136, foto b/n, € 5,00)
a cura di Egi Volterrani
Pordenone, 2003
(pp. 124, foto b/n, € 5,00) II edizione
a cura di Egi Volterrani
Pordenone, 2003
(pp. 124, foto b/n, € 5,00) II edizione
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
L'uomo ha bisogno di una fede su cui appoggiarsi, di un ideale. Un tempo tutto questo era rappresentato dalla fede, poi dal socialismo. Quando anche quest'ultimo venne meno, gli uomini non trovarono più un ideale in cui sperare e una ragione che giustificasse le loro sofferenze. Dovevano attendersi giorni migliori? I giorni non sarebbero stati mai migliori e questo lo sapevano bene. La seconda legge della termodinamica, quella dell'entropia, li avrebbe resi peggiori, inevitabilmente.
Con Vassilis Vassilikos "Dedica" continua l'esplorazione della letteratura del Mediterraneo, iniziata l'edizione precedente con il libanese Amin Maalouf. Curata da Egi Volterrani, "Dedica a Vassilis Vassilikos" riporta gli scritti di vari studiosi. Gaia Amaducci entra nel "privato" del personaggio, per lasciare poi a Egi Volterrani il resoconto del colloquio con lo scrittore, avvenuta a Parigi, dove Vassilikos era ambasciatore della Grecia presso l'Unesco: l'esito di quel colloquio è intitolato "Rispondo a me stesso". Vittorio Nisticò in "Le angosce di Vassilikos" reca una testimonianza di un rapporto di collaborazione nato intorno alla rivista Euros, voluta da Nisticò stesso richiamandosi «all'Europa del Sud e del Mediterraneo, col dichiarato proposito di stimolare la reciproca conoscenza e cooperazione tra le nazioni di quest'area del continente, di farsene una voce autentica».
Kris Mancuso rievoca in "Con Vassilikos panagulista" un'amicizia nata grazie alle poesie di Alexandros Panagulis e poi cementata da episodi tristi e lieti della vita personale dello scrittore greco.
Infine, Tino Sangiglio, in "Vassilikos, tra gli echi della memoria e l'amara realtà", analizza l'opera vassilikiana, per troppo tempo limitata alla conoscenza di "Z, l'orgia del potere", grazie anche al film che ne trasse il regista Costantin Costa-Gravas. E proprio una conversazione tra lo scrittore e il regista viene riportata in appendice: in essa si ricostruisce il rapporto tra i due e le fasi di passaggio dal testo al film.
La monografia riporta in conclusione gli apparti bio-bibliografici, utili a meglio comprendere Vassilikos e la sua opera.
a cura di Egi Volterrani
Pordenone, 2003
(pp. 124, foto b/n, € 5,00)
II edizione
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
L'uomo ha bisogno di una fede su cui appoggiarsi, di un ideale. Un tempo tutto questo era rappresentato dalla fede, poi dal socialismo. Quando anche quest'ultimo venne meno, gli uomini non trovarono più un ideale in cui sperare e una ragione che giustificasse le loro sofferenze. Dovevano attendersi giorni migliori? I giorni non sarebbero stati mai migliori e questo lo sapevano bene. La seconda legge della termodinamica, quella dell'entropia, li avrebbe resi peggiori, inevitabilmente.
Con Vassilis Vassilikos "Dedica" continua l'esplorazione della letteratura del Mediterraneo, iniziata l'edizione precedente con il libanese Amin Maalouf. Curata da Egi Volterrani, "Dedica a Vassilis Vassilikos" riporta gli scritti di vari studiosi. Gaia Amaducci entra nel "privato" del personaggio, per lasciare poi a Egi Volterrani il resoconto del colloquio con lo scrittore, avvenuta a Parigi, dove Vassilikos era ambasciatore della Grecia presso l'Unesco: l'esito di quel colloquio è intitolato "Rispondo a me stesso". Vittorio Nisticò in "Le angosce di Vassilikos" reca una testimonianza di un rapporto di collaborazione nato intorno alla rivista Euros, voluta da Nisticò stesso richiamandosi «all'Europa del Sud e del Mediterraneo, col dichiarato proposito di stimolare la reciproca conoscenza e cooperazione tra le nazioni di quest'area del continente, di farsene una voce autentica».
Kris Mancuso rievoca in "Con Vassilikos panagulista" un'amicizia nata grazie alle poesie di Alexandros Panagulis e poi cementata da episodi tristi e lieti della vita personale dello scrittore greco.
Infine, Tino Sangiglio, in "Vassilikos, tra gli echi della memoria e l'amara realtà", analizza l'opera vassilikiana, per troppo tempo limitata alla conoscenza di "Z, l'orgia del potere", grazie anche al film che ne trasse il regista Costantin Costa-Gravas. E proprio una conversazione tra lo scrittore e il regista viene riportata in appendice: in essa si ricostruisce il rapporto tra i due e le fasi di passaggio dal testo al film.
La monografia riporta in conclusione gli apparti bio-bibliografici, utili a meglio comprendere Vassilikos e la sua opera.
a cura di Egi Volterrani
Pordenone, 2003
(pp. 124, foto b/n, € 5,00)
II edizione
a cura di Egi Volterrani
Pordenone, 2002
(pp. 184, foto b/n, € 5,00)
a cura di Egi Volterrani
Pordenone, 2002
(pp. 184, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Grazie a ciascuna delle mie appartenenze, prese separatamente, ho una certa parentela con un gran numero di miei simili: grazie agli stessi criteri, presi tutti insieme, ho la mia identità personale che non si confonde con nessun'altra.
Curata da Egi Volterrani, la monografia Dedica a Amin Maalouf apre la serie sugli scrittori internazionali dell'area mediterranea ospiti del festival. Ed è lo stesso Volterrani, dopo l'introduzione "L'affettuosa amicizia", a condurre il lettore nel mondo di Maalouf attraverso la conversazione "Della scrittura suddito e signore": dall'infanzia in Libano al passaggio in Francia, verso una maturità che porterà lo scrittore a occuparsi di attualità attraverso una "visione storica". Un argomento questo della storia, ripreso anche da Khaled Fouad Allam nel suo saggio "Amin Maalouf o la scrittura della speranza", nella quale speranza ritroviamo anche altre costanti dello scrittore: l'identità e l'impegno.
Lilia Zaouali concentra il suo intervento su "Il diario perduto di Leone l'Africano. Un Arabo in Occidente nel Cinquecento", mentre Alexandre Najjar con "Il paese della Montagna secondo Maalouf" ricerca la memoria del Libano nell'opera dello scrittore. Prima degli apparati bio-bibliografici, nell'Appendice troviamo il colloquio di Jade Tabet con Maalouf su "I volti dell'assenza" e due interventi dello stesso Maalouf: "Elogio del dubbio" e "Dobbiamo aver paura del XXI Secolo?".
a cura di Egi Volterrani
Pordenone, 2002
(pp. 184, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Grazie a ciascuna delle mie appartenenze, prese separatamente, ho una certa parentela con un gran numero di miei simili: grazie agli stessi criteri, presi tutti insieme, ho la mia identità personale che non si confonde con nessun'altra.
Curata da Egi Volterrani, la monografia Dedica a Amin Maalouf apre la serie sugli scrittori internazionali dell'area mediterranea ospiti del festival. Ed è lo stesso Volterrani, dopo l'introduzione "L'affettuosa amicizia", a condurre il lettore nel mondo di Maalouf attraverso la conversazione "Della scrittura suddito e signore": dall'infanzia in Libano al passaggio in Francia, verso una maturità che porterà lo scrittore a occuparsi di attualità attraverso una "visione storica". Un argomento questo della storia, ripreso anche da Khaled Fouad Allam nel suo saggio "Amin Maalouf o la scrittura della speranza", nella quale speranza ritroviamo anche altre costanti dello scrittore: l'identità e l'impegno.
Lilia Zaouali concentra il suo intervento su "Il diario perduto di Leone l'Africano. Un Arabo in Occidente nel Cinquecento", mentre Alexandre Najjar con "Il paese della Montagna secondo Maalouf" ricerca la memoria del Libano nell'opera dello scrittore. Prima degli apparati bio-bibliografici, nell'Appendice troviamo il colloquio di Jade Tabet con Maalouf su "I volti dell'assenza" e due interventi dello stesso Maalouf: "Elogio del dubbio" e "Dobbiamo aver paura del XXI Secolo?".
a cura di Egi Volterrani
Pordenone, 2002
(pp. 184, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2001
(pp. 240, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2001
(pp. 240, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Scrivere è come voler fermare nell'istante della scrittura una domestica eternità che ci portiamo in tasca.
Il testimone di "Dedica" passa da Dacia Maraini ad Antonio Tabucchi ed è la scrittrice che "scrive" al collega per ricordare l'amicizia che li lega. Si apre così la monografia "Dedica a Antonio Tabucchi", a cura di Claudio Cattaruzza. Segue un saggio-intervista di Carlos Gumpert, "La letteratura come enigma ed inquietudine", nel quale lo studioso spagnolo conversa con Tabucchi su "il mestiere di scrivere", "infanzia e vocazione", "la penisola iberica", "muse assenti, muse presenti", "l'officina dello scrittore", "temi e personaggi", "una scrittura postmoderna".
Seguono gli interventi di Luciana Stegagno Picchio "C'era una volta un piccolo naviglio", Remo Bodei "Giochi proibiti. Le 'vite parallele' di Antonio Tabucchi", Remo Ceserani "Il filo dell'orizzonte: è Luino o Duino il luogo dove andare?", Bruno Ferraro "Antonio Tabucchi: il fascino della finzione e la fantasia narrativa".
Le testimonianze sono quelle di Davide Penati "Zattere e meduse. Per Antonio Tabucchi", Carlo Feltrinelli "Antonio Tabucchi è un amico", Jorge Herralde "Aix-en-Provence: un altro omaggio a Antonio Tabucchi", Inge Feltrinelli "Due parole su Antonio". Concludono la monografia gli apparati bio-bibliografici con teatrografia e filmografia.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2001
(pp. 240, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Scrivere è come voler fermare nell'istante della scrittura una domestica eternità che ci portiamo in tasca.
Il testimone di "Dedica" passa da Dacia Maraini ad Antonio Tabucchi ed è la scrittrice che "scrive" al collega per ricordare l'amicizia che li lega. Si apre così la monografia "Dedica a Antonio Tabucchi", a cura di Claudio Cattaruzza. Segue un saggio-intervista di Carlos Gumpert, "La letteratura come enigma ed inquietudine", nel quale lo studioso spagnolo conversa con Tabucchi su "il mestiere di scrivere", "infanzia e vocazione", "la penisola iberica", "muse assenti, muse presenti", "l'officina dello scrittore", "temi e personaggi", "una scrittura postmoderna".
Seguono gli interventi di Luciana Stegagno Picchio "C'era una volta un piccolo naviglio", Remo Bodei "Giochi proibiti. Le 'vite parallele' di Antonio Tabucchi", Remo Ceserani "Il filo dell'orizzonte: è Luino o Duino il luogo dove andare?", Bruno Ferraro "Antonio Tabucchi: il fascino della finzione e la fantasia narrativa".
Le testimonianze sono quelle di Davide Penati "Zattere e meduse. Per Antonio Tabucchi", Carlo Feltrinelli "Antonio Tabucchi è un amico", Jorge Herralde "Aix-en-Provence: un altro omaggio a Antonio Tabucchi", Inge Feltrinelli "Due parole su Antonio". Concludono la monografia gli apparati bio-bibliografici con teatrografia e filmografia.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2001
(pp. 240, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2000
(coedizione con Lint-Trieste, pp. 168, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2000
(coedizione con Lint-Trieste, pp. 168, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Per quanto tempo mi sono rotta
gli occhi e il cuore in una
cantina bianca di calce e di miseria?
...
Ho girato e rigirato quattro fiochi
riflettori da cinquecento watt per
cercare di ricavarne luce per ogni scena.
Si apre con un'affettuosa testimonianza di Claudio Magris la monografia "Dedica a Dacia Maraini", a cura di Claudio Cattaruzza. Magris passa il testimone di "Dedica" alla Maraini affermando: "quando penso a Dacia, alla sua persona e alla sua opera, mi viene subito in mente una parola, che è un'immagine-sentimento del suo essere: gentilezza (…) che indica (…) una delicatezza dell'anima e del suo cuore, sensibili e aperti alle corde più schiette dell'umano (…), ma soprattutto un'amorosa attenzione alla vita e alle sue creature (…)".
Con "La cipolla era un sogno celeste" Severino Cesari intervista la scrittrice soffermandosi su vari aspetti della sua opera, in particolare sul suo rapporto con il teatro, per il quale Dacia Maraini ha molto scritto e lavorato. Sempre sull'opera teatrale e narrativa seguono gli interventi di vari studiosi: Laura Mariani punta su "Un teatro con le donne al centro", Gerardo Guccini su "Voci insistenti, recitanti, angeliche", mentre Maria Antonietta Cruciata pone l'accento su "Il personaggio femminile tra metafora e realtà".
Numerose le "Dediche" di vari amici di Dacia Maraini, come Roberto Pazzi, Antonio Tabucchi ("Dentro i libri, fuori dai libri"), Roberto Faenza ("Il coraggio della disponibilità"), Liliana Cavani ("Il passo leggero della 'verità'"), Luca Ronconi ("Dacia Maraini: un modello d'impegno teatrale").
Concludono la monografia la biografia, la bibliografia, la teatrografia e la filmografia della scrittrice.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2000
(coedizione con Lint-Trieste,
pp. 168, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Per quanto tempo mi sono rotta
gli occhi e il cuore in una
cantina bianca di calce e di miseria?
...
Ho girato e rigirato quattro fiochi
riflettori da cinquecento watt per
cercare di ricavarne luce per ogni scena.
Si apre con un'affettuosa testimonianza di Claudio Magris la monografia "Dedica a Dacia Maraini", a cura di Claudio Cattaruzza. Magris passa il testimone di "Dedica" alla Maraini affermando: "quando penso a Dacia, alla sua persona e alla sua opera, mi viene subito in mente una parola, che è un'immagine-sentimento del suo essere: gentilezza (…) che indica (…) una delicatezza dell'anima e del suo cuore, sensibili e aperti alle corde più schiette dell'umano (…), ma soprattutto un'amorosa attenzione alla vita e alle sue creature (…)".
Con "La cipolla era un sogno celeste" Severino Cesari intervista la scrittrice soffermandosi su vari aspetti della sua opera, in particolare sul suo rapporto con il teatro, per il quale Dacia Maraini ha molto scritto e lavorato. Sempre sull'opera teatrale e narrativa seguono gli interventi di vari studiosi: Laura Mariani punta su "Un teatro con le donne al centro", Gerardo Guccini su "Voci insistenti, recitanti, angeliche", mentre Maria Antonietta Cruciata pone l'accento su "Il personaggio femminile tra metafora e realtà".
Numerose le "Dediche" di vari amici di Dacia Maraini, come Roberto Pazzi, Antonio Tabucchi ("Dentro i libri, fuori dai libri"), Roberto Faenza ("Il coraggio della disponibilità"), Liliana Cavani ("Il passo leggero della 'verità'"), Luca Ronconi ("Dacia Maraini: un modello d'impegno teatrale").
Concludono la monografia la biografia, la bibliografia, la teatrografia e la filmografia della scrittrice.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 2000
(coedizione con Lint-Trieste,
pp. 168, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 1999
(pp. 214, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 1999
(pp. 214, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
È la giornalista Maria Cristina Vilardo a proporre, in un lungo intervento-intervista, un itinerario ideale attorno all'uomo e allo scrittore Claudio Magris, protagonista della quinta edizione di "Dedica": pagine preziose che fanno capire l'universo interiore dello "scrittore della Mitteleuropa", le sue preferenze letterarie, l'influenza dell'acqua (del "suo" Adriatico, certo, ma anche di fiumi famosi come il Danubio) sulla sua opera.
Aspetti, questi e molti altri, ripresi e sviluppati dai vari interventi successivi contenuti "Dedica a Claudio Magris" curata da Claudio Cattaruzza:
Licia Governatori parla de "L'opera letteraria" di Claudio Magris", mentre Ernestina Pellegrini suggerisce "un ritratto" dello scrittore triestino; Gabriella Contini mette in evidenza "Alcune costanti" e Grazia Pulvirenti indugia invece su "Il luogo dove s'incontrano le assenze". Predrag Matvejevic racconta "Le radici di un'amicizia", Giovanna Roseghini "Il valore dell'incontro", Giovanna Musco in "La lettera", da semplice lettrice, mette in luce "il modo tutto personale con cui l'autore affrontava i grandi temi della nostra esistenza".
La monografia riporta infine la biografia, la bibliografia e la teatrografia di Magris.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 1999
(pp. 214, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
È la giornalista Maria Cristina Vilardo a proporre, in un lungo intervento-intervista, un itinerario ideale attorno all'uomo e allo scrittore Claudio Magris, protagonista della quinta edizione di "Dedica": pagine preziose che fanno capire l'universo interiore dello "scrittore della Mitteleuropa", le sue preferenze letterarie, l'influenza dell'acqua (del "suo" Adriatico, certo, ma anche di fiumi famosi come il Danubio) sulla sua opera.
Aspetti, questi e molti altri, ripresi e sviluppati dai vari interventi successivi contenuti "Dedica a Claudio Magris" curata da Claudio Cattaruzza:
Licia Governatori parla de "L'opera letteraria" di Claudio Magris", mentre Ernestina Pellegrini suggerisce "un ritratto" dello scrittore triestino; Gabriella Contini mette in evidenza "Alcune costanti" e Grazia Pulvirenti indugia invece su "Il luogo dove s'incontrano le assenze". Predrag Matvejevic racconta "Le radici di un'amicizia", Giovanna Roseghini "Il valore dell'incontro", Giovanna Musco in "La lettera", da semplice lettrice, mette in luce "il modo tutto personale con cui l'autore affrontava i grandi temi della nostra esistenza".
La monografia riporta infine la biografia, la bibliografia e la teatrografia di Magris.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 1999
(pp. 214, foto b/n, € 5,00)
Danilo De Marco, Claudio Magris
Pordenone, 1999
(pp. 64, libro fotografico in b/n, 1000 copie numerate, € 5,00)
Danilo De Marco, Claudio Magris
Pordenone, 1999
(pp. 64, libro fotografico in b/n, 1000 copie numerate, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, IL VOLUME PUO' ESSERE CONSULTATO O PRESO IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Storia di una vita che si dipana nel niente e nell’anonimato, fin quasi a far perdere le sue tracce. Echi di terre lontane, dagli spazi sconfinati e circondate dal vasto oceano, viaggi, attraversamento di confini sino al ritorno alla propria terra, situata anch’essa all’incrocio di culture diverse. Ed poi, ancora una volta, la presenza del mare, quello familiare, bennoto, più piccolo rispetto al grande oceano straniero che è «un altro mare». E’ questo il contesto che caratterizza la vicenda umana di Enrico Mreule, giovane letterato goriziano, grecista, amico di Carlo Michelstaedter e Nino Paternolli, personalità sensibile ed inquieta che abbandona tutto sino a sospingersi sempre più verso il niente, fino alla naturale dissoluzione, allo smarrimento di sé e della memoria stessa. In tracce di un’assenza, Claudio Magris e Danilo De Marco tentano di ricostruirne la storia partendo dal cimitero di Salvore in Istria. Seguendo un itinerario degli affetti che li porterà da Trieste a Gorizia, alla casa di Enrico, raccolgono significative testimonianze di una vita spesa nel silenzio, nell’oblio e nell’assenza.
"Una sera d’ottobre (…) siamo andati a Salvore ed entrati nella vecchia casa, facendoci luce con una una lampadina tascabile. In quella casa avvolta nel buio e nel rumore di vento e di mare, abbiamo aperto un vecchio baule chiuso da decenni, che aveva attraversato insieme ad Enrico due volte l’oceano, da Trieste in Argentina e tredici anni dopo dall’Argentina a Trieste, un vecchio baule che assomigliava a quello di Billy Bones dell’Isola del Tesoro." (….)
Danilo De Marco, Claudio Magris Pordenone, 1999 (pp. 64, libro fotografico in b/n, 1000 copie numerate, € 5,00)
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Storia di una vita che si dipana nel niente e nell’anonimato, fin quasi a far perdere le sue tracce. Echi di terre lontane, dagli spazi sconfinati e circondate dal vasto oceano, viaggi, attraversamento di confini sino al ritorno alla propria terra, situata anch’essa all’incrocio di culture diverse. Ed poi, ancora una volta, la presenza del mare, quello familiare, bennoto, più piccolo rispetto al grande oceano straniero che è «un altro mare». E’ questo il contesto che caratterizza la vicenda umana di Enrico Mreule, giovane letterato goriziano, grecista, amico di Carlo Michelstaedter e Nino Paternolli, personalità sensibile ed inquieta che abbandona tutto sino a sospingersi sempre più verso il niente, fino alla naturale dissoluzione, allo smarrimento di sé e della memoria stessa. In tracce di un’assenza, Claudio Magris e Danilo De Marco tentano di ricostruirne la storia partendo dal cimitero di Salvore in Istria. Seguendo un itinerario degli affetti che li porterà da Trieste a Gorizia, alla casa di Enrico, raccolgono significative testimonianze di una vita spesa nel silenzio, nell’oblio e nell’assenza.
"Una sera d’ottobre (…) siamo andati a Salvore ed entrati nella vecchia casa, facendoci luce con una una lampadina tascabile. In quella casa avvolta nel buio e nel rumore di vento e di mare, abbiamo aperto un vecchio baule chiuso da decenni, che aveva attraversato insieme ad Enrico due volte l’oceano, da Trieste in Argentina e tredici anni dopo dall’Argentina a Trieste, un vecchio baule che assomigliava a quello di Billy Bones dell’Isola del Tesoro." (….)
Danilo De Marco, Claudio Magris Pordenone, 1999 (pp. 64, libro fotografico in b/n, 1000 copie numerate, € 5,00)
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Pordenone, 1998
(pp. 124, foto b/n, € 5,00)
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 1998
(pp. 124, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Ogni grande tragedia deve essere elaborata nel tempo dell'interiorità affinché non diventi vana.
"Dedica a Moni Ovadia" – oltre che essere una corposa monografia alla quale hanno contribuito numerose personalità – ha segnato il punto di svolta del festival: dall'attenzione a una compagnia o personalità teatrali a una puntuale e specifica attenzione all'opera di una personalità dall'attività multiforme, da conoscere e approfondire attraverso una serie di eventi multidisciplinari: teatro certamente, ma anche musica, mostre, incontri, letture, cinema.
La monografia, curata come il festival da Claudio Cattaruzza – si apre con la lunga intervista di Sandra Petrignani "Moni Ovadia: il suono dell'anima", attraverso la quale la scrittrice approfondisce diversi aspetti della personalità e dell'opera del "dedicato": la "formazione di una coscienza", il "suono e la musica", il "teatro", la "politica", la "spiritualità".
Quindi le "dediche" di vari personaggi: il regista Roberto Andò pone l'accento su "L'invenzione della memoria"; la scrittrice e traduttrice Elena Loewenthal parla dell'"Umorismo kasher"; per lo scrittore Claudio Magris, Ovadia è "Uno shlemihl vittorioso"; mentre i poeti Giovanni Raboni e Patrizia Valduga parlano rispettivamente di "Riflessi di un poeta yiddish" e de "Il maestro del rito"; infine l'architetto Luca Zevi parla di "Una disperazione creativa".
Concludono il volume la biografia e le opere di Moni Ovadia: opere che ritroviamo in una nutrita teatrografia, nella cinematografia, in pubblicazioni e nella discografia.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 1998
(pp. 124, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Ogni grande tragedia deve essere elaborata nel tempo dell'interiorità affinché non diventi vana.
"Dedica a Moni Ovadia" – oltre che essere una corposa monografia alla quale hanno contribuito numerose personalità – ha segnato il punto di svolta del festival: dall'attenzione a una compagnia o personalità teatrali a una puntuale e specifica attenzione all'opera di una personalità dall'attività multiforme, da conoscere e approfondire attraverso una serie di eventi multidisciplinari: teatro certamente, ma anche musica, mostre, incontri, letture, cinema.
La monografia, curata come il festival da Claudio Cattaruzza – si apre con la lunga intervista di Sandra Petrignani "Moni Ovadia: il suono dell'anima", attraverso la quale la scrittrice approfondisce diversi aspetti della personalità e dell'opera del "dedicato": la "formazione di una coscienza", il "suono e la musica", il "teatro", la "politica", la "spiritualità".
Quindi le "dediche" di vari personaggi: il regista Roberto Andò pone l'accento su "L'invenzione della memoria"; la scrittrice e traduttrice Elena Loewenthal parla dell'"Umorismo kasher"; per lo scrittore Claudio Magris, Ovadia è "Uno shlemihl vittorioso"; mentre i poeti Giovanni Raboni e Patrizia Valduga parlano rispettivamente di "Riflessi di un poeta yiddish" e de "Il maestro del rito"; infine l'architetto Luca Zevi parla di "Una disperazione creativa".
Concludono il volume la biografia e le opere di Moni Ovadia: opere che ritroviamo in una nutrita teatrografia, nella cinematografia, in pubblicazioni e nella discografia.
a cura di Claudio Cattaruzza
Pordenone, 1998
(pp. 124, foto b/n, € 5,00)
a cura di Roberto Canziani
Pordenone, 1997
(pp. 64, foto b/n di Maurizio Buscarino, € 5,00)
a cura di Roberto Canziani
Pordenone, 1997
(pp. 64, foto b/n di Maurizio Buscarino, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Nella memoria di tanti la compagnia teatrale "i Magazzini" s'identifica con quella sera, notte e alba del 27-28 luglio 1991, quando andò in scena a Cividale, per la prima edizione di "Mittelfest", "La Commedia" di Dante. Proprio tutte tre le Cantiche in una maratona difficilmente dimenticabile.
"Dedica a i Magazzini" è perciò l'omaggio al coraggio di una compagnia che ha segnato un punto fermo nel rinnovamento della scena italiana. Con scelte coraggiose e innovative, ma con un dato di partenza fisso: la parola, che va "servita" nel modo più alto e limpido.
La monografia – a cura di Roberto Canziani – si apre con una riflessione dello stesso curatore, "Magazzini magazine", che traccia una storia della compagnia attraverso le parole dei suoi componenti e ricordando i vari spettacoli. "Ho sempre pensato che il teatro sia una forma educativa: un'arte educativa che arriva alle persone attraverso lo sviluppo della 'notte oscura' che ognuno di porta dentro" secondo Federico Tiezzi, regista storico del gruppo. Un concetto, questo di Tiezzi, che si sviluppa e si chiarisce nella conversazione che segue tra lui e Canziani "Federico Tizzi: Regiamaterial, o le sostanze del teatro". In essa si afferma che "il primo materiale è il testo" e tutto il resto viene di conseguenza. Infine la conversazione tra Canziani e Sandro Lombardi, attore-simbolo de "i Magazzini": "Sandro Lombardi: Attormaschine, un autoritratto in voce". "Pasolini – dice Lombardi – operava una distinzione tra il teatro della chiacchiera e quello dell'urlo. Non riconoscendoci in nessuna delle due posizioni, noi decidemmo di optare per un teatro del silenzio".
La monografia presenta quindi gli spettacoli e gli incontri del festival, l'imponente teatrografia della compagnia e la bibliografia.
a cura di Roberto Canziani
Pordenone, 1997
(pp. 64, foto b/n di Maurizio Buscarino, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Nella memoria di tanti la compagnia teatrale "i Magazzini" s'identifica con quella sera, notte e alba del 27-28 luglio 1991, quando andò in scena a Cividale, per la prima edizione di "Mittelfest", "La Commedia" di Dante. Proprio tutte tre le Cantiche in una maratona difficilmente dimenticabile.
"Dedica a i Magazzini" è perciò l'omaggio al coraggio di una compagnia che ha segnato un punto fermo nel rinnovamento della scena italiana. Con scelte coraggiose e innovative, ma con un dato di partenza fisso: la parola, che va "servita" nel modo più alto e limpido.
La monografia – a cura di Roberto Canziani – si apre con una riflessione dello stesso curatore, "Magazzini magazine", che traccia una storia della compagnia attraverso le parole dei suoi componenti e ricordando i vari spettacoli. "Ho sempre pensato che il teatro sia una forma educativa: un'arte educativa che arriva alle persone attraverso lo sviluppo della 'notte oscura' che ognuno di porta dentro" secondo Federico Tiezzi, regista storico del gruppo. Un concetto, questo di Tiezzi, che si sviluppa e si chiarisce nella conversazione che segue tra lui e Canziani "Federico Tizzi: Regiamaterial, o le sostanze del teatro". In essa si afferma che "il primo materiale è il testo" e tutto il resto viene di conseguenza. Infine la conversazione tra Canziani e Sandro Lombardi, attore-simbolo de "i Magazzini": "Sandro Lombardi: Attormaschine, un autoritratto in voce". "Pasolini – dice Lombardi – operava una distinzione tra il teatro della chiacchiera e quello dell'urlo. Non riconoscendoci in nessuna delle due posizioni, noi decidemmo di optare per un teatro del silenzio".
La monografia presenta quindi gli spettacoli e gli incontri del festival, l'imponente teatrografia della compagnia e la bibliografia.
a cura di Roberto Canziani
Pordenone, 1997
(pp. 64, foto b/n di Maurizio Buscarino, € 5,00)
a cura di Gianfranco Capitta, Roberto Canziani
Pordenone, 1996
(pp. 64, foto b/n, € 5,00)
a cura di Gianfranco Capitta, Roberto Canziani
Pordenone, 1996
(pp. 64, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Cesare Lievi non è solo un regista, ma una complessa figura di artista e di uomo di cultura: "Dedica a Cesare Lievi" – la monografia che ha accompagnato le iniziative teatrali e di studio a lui dedicate – vuole quindi cercare di mettere in luce la multiforme personalità di un uomo di teatro così particolare nel panorama italiano.
La monografia – curata da Gianfranco Capitta e Roberto Canziani – si apre con un "ritratto di Cesare Lievi, "Barbablù del lago", nel quale i due curatori lo definiscono "regista alla tedesca" perché "dal teatro tedesco Lievi ha assorbito il rigore professionale che ne governa la vita e i rapporti, ma anche l'impegno e la coerenza delle scelte culturali". L'approfondimento dell'uomo e dell'artista continua poi nella "Conversazione con Cesare Lievi", nella quale Capitta e Canziani mettono in evidenza il significato delle scelte e il metodo di lavoro del regista e uomo di teatro.
Uno degli aspetti particolari del Lievi uomo di cultura riguarda la sua produzione poetica, sulla quale si soffermano tre poeti e scrittori come Giovanni Raboni ("Stella di cenere"), Lalla Romano ("Che mistero una stella in versi") e Franca Grisoni ("Cigni e destino"), mentre un profilo più prettamente tecnico legato al teatro è firmato dal critico e organizzatore teatrale tedesco Peter Iden. Il volume si conclude con la teatrografia e la bibliografia.
a cura di Gianfranco Capitta - Roberto Canziani
Pordenone, 1996
(pp. 64, foto b/n, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
Cesare Lievi non è solo un regista, ma una complessa figura di artista e di uomo di cultura: "Dedica a Cesare Lievi" – la monografia che ha accompagnato le iniziative teatrali e di studio a lui dedicate – vuole quindi cercare di mettere in luce la multiforme personalità di un uomo di teatro così particolare nel panorama italiano.
La monografia – curata da Gianfranco Capitta e Roberto Canziani – si apre con un "ritratto di Cesare Lievi, "Barbablù del lago", nel quale i due curatori lo definiscono "regista alla tedesca" perché "dal teatro tedesco Lievi ha assorbito il rigore professionale che ne governa la vita e i rapporti, ma anche l'impegno e la coerenza delle scelte culturali". L'approfondimento dell'uomo e dell'artista continua poi nella "Conversazione con Cesare Lievi", nella quale Capitta e Canziani mettono in evidenza il significato delle scelte e il metodo di lavoro del regista e uomo di teatro.
Uno degli aspetti particolari del Lievi uomo di cultura riguarda la sua produzione poetica, sulla quale si soffermano tre poeti e scrittori come Giovanni Raboni ("Stella di cenere"), Lalla Romano ("Che mistero una stella in versi") e Franca Grisoni ("Cigni e destino"), mentre un profilo più prettamente tecnico legato al teatro è firmato dal critico e organizzatore teatrale tedesco Peter Iden. Il volume si conclude con la teatrografia e la bibliografia.
a cura di Gianfranco Capitta - Roberto Canziani
Pordenone, 1996
(pp. 64, foto b/n, € 5,00)
A cura di Roberto Canziani
Pordenone, 1995
(pp. 64, foto b/n di Maurizio Buscarino, € 5,00)
A cura di Roberto Canziani
Pordenone, 1995
(pp. 64, foto b/n di Maurizio Buscarino, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
"Dedica a Laboratorio Teatro Settimo" raccoglie materiali e interventi elaborati per il convegno che ha accompagnato la rassegna e che resta testimonianza, parola seconda, rispetto a una pratica che ha nell'effimero del tempo teatrale la propria gloria e al tempo stesso il proprio limite.
Il volume si apre con l'introduzione del curatore, Roberto Canziani, su "Le api del Piemonte", e prosegue con la teatrografia di Laboratorio Teatro Settimo. Quindi l'intervento di Maurizio Buscarino "Sotto la campana di vetro": abbandonato per un attimo il "ferro del mestiere", ovvero la macchina fotografica, per cimentarsi con la penna, Buscarino traccia un affettuoso ricordo degli inizi del gruppo teatrale. Per Gerardo Guccini, che ne parla in "Da Goethe a Goldoni", il percorso teatrale di "Settimo" si sostanzia nel "ritorno all'Autore".
Infine due "conversazioni" di Roberto Canziani rispettivamente con Alessandro Baricco ("Quando non sai cos'è, allora è jazz") e con Gabriele Vacis ("Sembra che stia per finire… e siamo solo all'inizio"): con Baricco viene analizzata la figura di un personaggio di un suo racconto, "Novecento", portato da "Settimo" sulla scena con Eugenio Allegri: con Vacis (che di "Settimo" è stato uno dei fondatori e l'anima registica) viene seguito il filo che dal 1976 in poi ha caratterizzato l'attività del gruppo piemontese.
a cura di Roberto Canziani
Pordenone, 1995
(pp. 64, foto b/n di Maurizio Buscarino, € 5,00)
ESAURITE LE COPIE IN VENDITA SU QUESTO SITO, LA MONOGRAFIA PUO' ESSERE CONSULTATA O PRESA IN PRESTITO PRESSO LA BIBLIOTECA CIVICA DI PORDENONE.
"Dedica a Laboratorio Teatro Settimo" raccoglie materiali e interventi elaborati per il convegno che ha accompagnato la rassegna e che resta testimonianza, parola seconda, rispetto a una pratica che ha nell'effimero del tempo teatrale la propria gloria e al tempo stesso il proprio limite.
Il volume si apre con l'introduzione del curatore, Roberto Canziani, su "Le api del Piemonte", e prosegue con la teatrografia di Laboratorio Teatro Settimo. Quindi l'intervento di Maurizio Buscarino "Sotto la campana di vetro": abbandonato per un attimo il "ferro del mestiere", ovvero la macchina fotografica, per cimentarsi con la penna, Buscarino traccia un affettuoso ricordo degli inizi del gruppo teatrale. Per Gerardo Guccini, che ne parla in "Da Goethe a Goldoni", il percorso teatrale di "Settimo" si sostanzia nel "ritorno all'Autore".
Infine due "conversazioni" di Roberto Canziani rispettivamente con Alessandro Baricco ("Quando non sai cos'è, allora è jazz") e con Gabriele Vacis ("Sembra che stia per finire… e siamo solo all'inizio"): con Baricco viene analizzata la figura di un personaggio di un suo racconto, "Novecento", portato da "Settimo" sulla scena con Eugenio Allegri: con Vacis (che di "Settimo" è stato uno dei fondatori e l'anima registica) viene seguito il filo che dal 1976 in poi ha caratterizzato l'attività del gruppo piemontese.
a cura di Roberto Canziani
Pordenone, 1995
(pp. 64, foto b/n di Maurizio Buscarino, € 5,00)